La Libia è la sintesi del fallimento della politica estera occidentale
Qualcosa nella politica internazionale non torna: ci sono focolai minacciosi su più fronti e l’Europa rispetto a quelli più gravi, bisbiglia e nei confronti di quelli meno pericolosi per la pace, interviene e fa la voce dura e intransigente.
Il pallino dell’UE è la Grecia, i soldi contano più di tutto, questo ci sta dicendo l’Unione, ma non è Atene a minacciare terrorismo. La cosa interessante è che si sta spingendo Tsipras tra le braccia di Putin e non è né bello né opportuno perdere così la culla dell’Occidente. Il Vecchio Continente guarda poi a Est e lì pare proprio che sull’Ucraina ci stia mettendo tutti i sentimenti come se fosse proprio l’evento del secolo. Intanto i cittadini guardano dubbiosi questa storia delle sanzioni, che gravano in modo eccezionalmente significativo sulle aziende dei singoli paesi EU. I leaders europei capitanati da Obama fanno summit, decidono, sgridano Putin, si accapigliano, scordandosi totalmente del Medioriente e del Mediterraneo.
L’Europa sfiora il ridicolo, ma ciò che fa, lo fa consapevolmente.
L’Occidente non solo ha creato un nuovo clima da guerra fredda verso la Russia ma in Medioriente ha contribuito significativamente alla lacerazione tra sciiti e sunniti. Con i governi del Nord Africa non dialoga per cercare di moderare i flussi migratori e in Libia come altrove, ha finanziato pericolosi mercenari che ora minacciano noi e le nazioni in cui hanno preso il sopravvento.
Qui non ci si trova di fronte solo a un clima da nuova cortina di ferro, ma è come se l’Europa e gli USA lavorino per dividere, non per unire e se è vero che la Russia è necessaria per pacificare il Middle Est allora perché ci si sta incaponendo contro di lei?
Renzi non mostra ostilità affatto nei confronti di Putin ma del resto, fa pur sempre parte di un blocco e in altro modo non può muoversi.
La Libia è l’emblema dell’immobilità europea poiché lì sono sintetizzate la questione dell’Isis e dell’immigrazione.
Nel paese ci sono due governi: quello insediato a Tobruk, riconosciuto internazionalmente ed eletto col voto del 25 Giugno 2014; il suo esercito è guidato dal generale Haftar ( sostenuto da Russia, Egitto, Emirati e vicino agli Usa).
Poi c’è l’altro, quello insediatosi nell’Agosto del 2014 con sede a Tripoli che è espressione dell’Assemblea transitoria post Gheddafi. Quest’ultimo governo è a maggioranza islamista e doveva sciogliersi col voto di Giugno, ma si è ricostituito nominando un governo e un premier contrapposti al potere “laico” di Tobruk e al premier Al Thani.
Per non parlare poi delle tribù che nella ex Nazione si combattono a vicenda e tra queste spaccature si insinuano i mercenari dell’Isis.
Stando le cose così, Khalifa Haftar non ha poi tutti i torti a dire che l’Onu e l’Ue non possono obbligare il governo di Al Thani a scendere a patti con gli islamisti; in secondo luogo, se è vero che è il governo di Tobruk quello riconosciuto internazionalmente, non si comprende bene il motivo per cui la politica estera dell’Unione non si relazioni esclusivamente con questo (legittimandolo definitivamente) per cercare di risolvere dei nodi importanti. Tra l’altro il governo eletto subisce ancora da parte dell’Onu il divieto di acquisto armi, negando così anche la possibilità di colpire seriamente l’Isis. Per la serie, la situazione deve rimanere stagnante e caotica.
Visto che la diplomazia non è il punto forte dell’Europa allora a Marzo si è cominciato a pensare ad un mirato intervento militare contro i principali obiettivi dello Stato Islamico, almeno a difesa degli impianti petroliferi; a riguardo si è giunti poi alla conclusione che questo piano avrebbe rovinato i negoziati in corso in Marocco tra le due parti contendenti. Però a onor del vero, quando si è trattato di andare a bombardare Gheddafi nel 2011 scoperchiando il disastro che ora impera nel paese, nessuno ( a parte Putin e inizialmente Berlusconi) si è posto né un problema di pace, né un piano per il dopo.
Quest’anno la politica europea ha perso definitivamente ogni credibilità. Questa Europa deve cambiare.
Per quanto concerne invece la questione dell’immigrazione, la situazione non è più chiara e l’inazione impera.
E’ irritante l’ipocrisia dei leaders europei riuniti in quei minuti di silenzio dopo la strage delle 800 persone annegate in mare, se si pensa che ancora nulla di concreto è stato fatto per regolare i flussi.
L’unico risultato è che si litiga ancora sulle quote dei migranti da accettare.
Non si fanno accordi con gli stati di provenienza per il controllo delle partenze e le riammissioni, non si promuove una lotta alla corruzione dei governi e delle forze dell’ordine dei paesi da cui ci si imbarca, non si promuovono politiche di sviluppo, non si ferma il traffico d’armi e non si combattono davvero i mercanti di esseri umani e l’Isis.
La situazione è allo sbando perché sono anni che l’Europa pensa solo alla finanza e all’economia. Di fatto non esiste altro.