La Russia apre un altro fronte. La prepotente difesa dei propri interessi e delle proprie ambizioni nazionalistiche la porta stavolta in Siria, a difesa dell’ “amico”Assad.
E ciò, dopo la querelle ucraina, la porta nuovamente a urtare con l’Occidente, Stati Uniti in testa, che Assad proprio non lo possono vedere.
Si tratta di una guerra non dichiarata, ma che lo sia è evidente. Mosca non ha mai fatto mistero di una cooperazione tecnico-militare con la Siria, e il supporto russo grazie all’iperattivismo di Putin, lascia intendere la volonta del Cremlino di sbarrare la strada una volta di più a Washington che tanto per cambiare avrebbe altri progetti.
La ciambella di salvataggio al semiannegato Assad è difesa concreta di interessi russi. La Siria infatti è un partner importante tanto per l’Iran quanto per la Russia. Nel porto di Tartous, sulla costa meridionale, è ormeggiata una parte consistente della flotta russa nel Mediterraneo.
Stanno sbarcando aerei cargo, tra cui due Antonov-124 Condor, mezzi militari, strumentazione per le comunicazioni, materiali per impianti e unità abitative. Ma, soprattutto, personale in divisa. Circa mille soldati sinora.
La maggior parte di loro sarà schierata in difesa della regione di Latakia, capoluogo della costa settentrionale, dove i jihadisti diJabhat Al Nusra – dopo la conquista di Idlib – stanno avanzando proprio in direzione del porto. Un’altra porzione verrà impiegata invece per la difesa di Damasco, dove i miliziani dello Stato Islamico starebbero preparando l’assedio. A dar man forte, si sono aggiunti nuovi rinforzi provenienti da Teheran, noto alleato di Damasco.
La prima esigenza è sostenere il regime di Assad minacciato dall’ISIS e dalle altre forze ribelli, la seconda è quella di impartire una nuova lezione all’Occidente del tutto incapace di approntare una risposta seria alla crisi siriana e, più in generale, di gestire le primavere arabe.
Il tutto si aggiunge alla annessione della Crimea, ufficialmente diventata territorio russo. Ora con la Siria si tenta di tagliare Washington completamente fuori dalla partita, e se la cose dovessero sul campo andare come spera Putin, la Russia potrebbe mettere la propria bandierina anche su Damasco, in coabitazione con Teheran.
La Russia, nonostante il ridimensionamento post-sovietico, ha sempre ritenuto il Mediterraneo “strategico” e non ha mai smesso di guardare a Ovest per espandere i propri interessi geopolitici. Così, ancora oggi, trova nel porto siriano di Tartous la giustificazione più convincente per non cedere di un passo rispetto alle volontà dell’Occidente di cambiare il volto della Siria per sempre.
Tartous, infatti, ospita l’ultimo avamposto postsovietico nel Mediterraneo, viene gestito interamente da personale della marina russa, è luogo dove le navi da guerra di Mosca della Classe Amur sostano, vengono rifornite e riparate. Perché mai perdere questo privilegio?