I 5 stelle al governo di Roma

I ballotaggi della scorsa settimana hanno suscitato tanto rumore per la vittoria dei 5 Stelle a Roma e a Torino, ma in realtà ha creato più incredulità tale scalpore e vociare piuttosto che il risultato stesso delle amministrative.

Come aspettarsi qualcosa di diverso? A Roma soprattutto…

Il Comune della Capitale versa in una situazione disastrosa sotto ogni punto di vista: servizi, inciviltà, debito, mafia capitale, corrotti e corruttori, nepotismi, clientelismi, municipalizzate senza controllo, sindacati intoccabili; in una parola sola: caos totale.

Chi può essere tanto desideroso di sporcarsi le mani per cercare di sistemare questa povera e bellissima città? Solo chi non ha mai governato, una pedina che tanto si pensa agile nel ruolo.

Amministrare la Capitale oggi significa beccarsi una bella bega, altro che onore; significa all’85% fallire, poiché se neanche Tronca ha voluto rinnovare un posto di prestigio e utile nello scacchiere romano, vuol dire che ne ha ben piene le tasche.

Prego, la grillina si accomodi” ora sono Pd e Forza Italia a stare all’opposizione e finalmente, che i penta stellati mostrino di risolvere le cose: “Welcome to the jungle” cantavano i Guns ‘N Roses.

E sia il centro sinistra che il centro destra non sembrano o non saranno poi così scontenti del loro nuovo ruolo di chi sta a guardare.

Se prendere Roma significava quasi proiettarsi verso la vittoria delle prossime politiche, allora fallire a Roma può significare di conseguenza, screditarsi a livello nazionale.

Non male per chi stavolta è all’opposizione, in vista anche del referendum Costituzionale di Ottobre.

Quelle lacrime del 24 Giugno versate al suo primo affacciarsi dal Campidoglio, da quel balconcino superbo che da sui grandiosi Fori Imperiali, a qualcuno avranno fatto anche tenerezza, ma rimandano anche a simili episodi passati.

La Fornero, non ha fatto proprio un bel lavoro sulla riforma delle pensioni dopo aver versato docili lacrime.

Poi insomma, che il sindaco della Capitale pianga all’affacciarsi sulla grandiosità e sulla maestosità della storia di Roma, non è proprio degno della posizione che ricopre.

Se la sindaca, anzi Virginia, piange ora, cosa accadrà quando dovrà confrontarsi con le municipalizzate? Quando dovrà vedersela con mafia capitale? O quando dovrà assistere impotente agli scioperi selvaggi? O quando avrà a che fare coi clientelismi tutti belli impacchettati dei sistemi della città?

Che Virginia abbia già pensato: “Oddio chi m’ha fatto fa’?”

Si potrebbe dire che il suo insediamento è sembrato insolito come i suoi tacchetti a spillo di quel giorno, sugli atroci san pietrini.

Non è poco indicativo che la neo sindaco abbia scelto per la sua prima uscita ufficiale con la fascia tricolore, la Pontificia Università Lateranense; sicuramente la Raggi non è una che vorrà lasciare il Vaticano oltre Tevere. Del resto non è stata la Chiesa stessa, tramite l’endorsement in suo favore fatto dal Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ad esprimersi in modo favorevole alla novità grillina per Roma all’inizio della campagna elettorale?

la Raggi ha incontrato anche il rettore della Lateranense, il vescovo salesiano Enrico dal Covolo, pupillo dell’ex Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, che negli anni di pontificato di Benedetto XVI ha tenuto i rapporti tra la Santa Sede e la politica italiana.

Con ogni probabilità il 29 Giugno ci sarà invece l’incontro con il Papa; quanta Chiesa in questi primi passi.

In fin dei conti però, meglio così che i pubblici screzi tra l’ex sindaco Marino e il Vaticano.

A Roma non poteva che andare come è andata, le forze e i circoli politici erano e sono rimasti alla deriva, senza alcuna voglia di cambiare.

Ma ora i giochi nella Capitale si faranno interessanti, sarà curioso osservare il dipanarsi degli eventi.