Bergoglio contro il malaffare nella Chiesa
Ci sono due storie che sembrano andare di pari passo, quella della città di Roma e del Vaticano; curioso infatti che il Commissario Tronca appena giunto a Roma, la prima “personalità” che ha incontrato sia stato il Papa.
Eppure gli alti prelati non poche volte sono intervenuti a sfavore del sindaco Marino e della gestione della capitale, anche se combattere la criminalità non è poca cosa e non è cosa non degna di riguardo; del resto il malaffare nella Chiesa non è una piaga sconosciuta e Bergoglio più o meno ogni giorno invita i pastori di anime, cardinali, vescovi, preti a finirla con l’ossessione del potere.
Mandanti, corruttori, faccendieri, mafia, ricatti, soldi a non finire, appalti e beatificazioni, tutto in una città, da una sponda all’altra del Tevere. E chi non ha scheletri nascosti o in cassaforte scagli la prima pietra; chi è Giuda? Difficile a dirsi.
Il libro di Gianluigi Nuzzi racconta che nella notte tra il 29 e il 30 marzo 2014, la cassaforte e gli armadi della prefettura vaticana vengono aperti con la fiamma ossidrica. Spariscono documenti e fotografie e alcune settimane dopo in una busta anonima indirizzata al Papa, vengono restituiti solo i documenti riguardanti Michele Sindona (membro della loggia P2, associato alla mafia, coinvolto nel caso Calvi e mandante dell’omicidio Ambrosoli).
Come mai la Chiesa possiede documenti sul banchiere della mafia?
E per quale motivo solo questi sono stati restituiti? Forse perché non così attuali per eventuali ricatti?
E gli altri documenti? Chi ce li ha? Cosa riguardavano?
Mondi di mezzo e conti segreti allo Ior, quali tasti non si devono toccare per restare in superficie?
C’ è una figura in tutta questa indagine che cattura un poco l’attenzione, poiché sembra quasi rappresentare questo filo sottile e ambiguo che lega Roma, il potere e la Chiesa, ed è Mario Benotti: consulente dell’attuale sindaco di Firenze (ed ex vice di Renzi quando era Primo cittadino), capo segreteria del sottosegretario alla presidenza del consiglio, Sandro Gozi e componente del cda della Banca Popolare di Spoleto (coinvolta nella recente inchiesta di truffa, abuso d’ufficio e corruzione). Preso nel mirino dell’inchiesta di Terni e in quella vaticana sui furti di documenti che portano a un inquietante giro di ricatti, Benotti si è dimesso per correttezza (e per fare chiarezza) dai suoi incarichi in Comune e a Palazzo Chigi, ma se non l’avesse fatto, Giovedì 12 Novembre avrebbe dovuto incontrare a Firenze Papa Francesco, in quanto consigliere di Dario Nardella per i rapporti con le confessioni e per il dialogo interreligioso.
Invece da un punto di vista generale, per quanto la faccenda di Vatileaks2 sia stata rappresentata chiaramente all’opinione pubblica sia nelle dinamiche che nelle motivazioni, è come se porti con sé comunque qualcosa di poco limpido, a partire dalla sua deflagrazione particolare.
Colpire il Santo Padre, questo lo scopo della fuori uscita dei documenti riservati che attestano l’opulenza di determinati attori e settori della curia.
Ma c’è un fatto: la figura di Francesco ne esce rafforzata da tutta questa faccenda e sottolinea come il suo cammino sia sulla strada giusta.
Se un uomo predica ogni giorno in una direzione, nella direzione più giusta e caritatevole, contro chi vive da faraone, contro gli affaristi, contro una globalizzazione che volge allo sfruttamento, in difesa del diritto al lavoro, contro i privilegi, etc, e si fa uscire un libro che denuncia quanto sgomenta lo stesso Bergoglio da quando è stato eletto, non si fa che dargli ragione. E ragione ha.
Che qualcuno sia stato preso da un piglio da giustiziere della notte per accelerare quanto il Papa sta facendo non è credibile. Le cose tornerebbero di più se si pensasse che, una volta individuati i soggetti a delinquere, li si sia lasciati fare al fine di volgere a proprio e giusto favore tutta la situazione.
Che un giornalista scriva e denunci i mali della Chiesa è cosa buona e ammirevole, ma i motivi che abbiano spinto la Chaoqui e il monsignore Vallejo Balda a fornire dei rapporti a causa dei quali sarebbero stati facilmente additati come colpevoli, non sono del tutto chiari. E non è del tutto scontata e ovvia la concomitanza dell’uscita dei libri con la scoperta delle due “spie”, poiché questo vuol dire che si è avuta la possibilità di collegare facilmente i due esperti giornalisti ai due personaggi che lavoravano alla Cosea (commissione temporanea di studio sulla gestione economica del Vaticano).
Ciò che hanno compiuto non ha creato così imbarazzo al Papa, la sua figura ne è uscita intaccata; la figura della Chiesa no, certo, ma Bergoglio su questo ci lavora da quando è salito al soglio Pontificio e lo ha sempre denunciato.
Ora le indagini sono in corso e sebbene i due siano stati arrestati, vengono a mancare i moventi e i mandanti, perché è difficile credere sia alla personalissima sindrome da giustiziere al fine di aiutare il Papa e sia al fatto che chi non ha la coscienza del tutto pulita, abbia mosso pedine per trafugare documenti che tutto sommato, sarebbero andati a confermare la giustezza della linea del Papa.
C’è poco da fare, quando si parla di Vaticano le cose non sono mai chiare, ma tutto resta avvolto da un alone di mistero.
C’è un elemento allora, che per la sua concretezza, attira nell’immediato più degli altri: dal libro di Emiliano Fittipaldi, “Avarizia”, vengono segnalati 120 conti ancora sospetti nello Ior. La trasparenza dell’Istituto Opere Religiose è ancora lontana dall’essere cristallina anche dopo la rinuncia al segreto bancario, riforma avviata da Ratzinger e proseguita energicamente da Bergoglio. Però se si fossero fatti i nomi eccellenti di coloro che si nascondono dietro quei numeri, allora si sarebbe portato a termine un atto davvero forte in favore dell’informazione e dei cittadini.
Che nello Ior ci siano conti segreti è da sempre l’unica cosa riguardante il Vaticano, risaputa e alla luce del sole; sarebbe stato forse ingenuo pensare che dall’annuncio della riforma, in qualche mese ogni opacità sarebbe scomparsa.
Papa Bergoglio è un uomo importante per ciò che fa e che dice, la speranza è che possa e che riesca ad andare avanti nel suo percorso di rinnovamento, radicale se possibile.