Il riconoscimento del genocidio armeno da parte di Berlino ha aperto un vulnus difficilmente sanabile nelle relazioni tra i due paesi, per lo meno fin quando ad Ankara siederà Erdogan
Inizialmente la cosa ha fatto arricciare un po’ il naso visto il passato tedesco in materia, prestando il fianco a sorrisini maligni. Ma la differenza è bella grossa visto che al contrario della Turchia la Gemania ha riconosciuto le sue gravi colpe storiche. Parte della stampa turca, perfettamente istruita come in Egitto si è abbandonata a titoli quali “E’ un lavoro tedesco”, a caratteri cubitali. Il riferimento è al terribile attentato con autobomba che la mattina del 7 giugno scorso ha provocato la morte di 11 persone nel centralissimo quartiere di Vezneciler di ?stanbul. Secondo il quotidiano pro Erdo?an, dietro il tragico attentato vi sarebbe la mano della Germania. Accuse pertanto gravissime che gettano ulteriore benzina sul fuoco nelle relazioni fra i due paesi. La Germania peraltro ha sul suo territorio una folta comunità di origine turca e questo tipo di accuse rappresenta una minaccia alla pace interna del popolo tedesco che finora rappresenta un modello di integrazione. Dichiarazioni tendenti a destabilizzare dunque, una risposta decisa all’ intervento a gamba tesa del riconoscimento del genocidio armeno da sempre negato.
L’attacco a Berlino, accusata di aver sempre nutrito l’organizzazione terroristica curda PKK , è stato condotto in grande stile al fine di suscitare lo sdegno non tanto in patria qualnto in Gemania fra i connazionali immigrati. Ma lo scontro tra i due paesi è in realtà la frattura – difficilmente sanabile a queste condizioni – fra due mondi, ossia quello occidentale e quello arabo che alle latitudini di Ankara di moderato e laico conserva ormai poco o nulla.
Gia durante il suo recente viaggio in Africa, Erdo?an aveva dichiarato ai giornalisti che l’approvazione al Bundestag della risoluzione sul riconoscimento dei massacri degli armeni avvenuti tra il 1915-16 sotto l’impero ottomano era stato “frutto di una mente superiore”.
Egli fa riferimento in particolare ad Ayd?n Do?an, proprietario del maggior gruppo media del paese e del prestigioso quotidiano liberal “Hürriyet”, il più letto nel paese. Do?an è accusato dal presidente turco di essere al servizio dei tedeschi attraverso gli editorialisti Ahmet Hakan e Ertu?rul Özkök, definiti dal presidente come “camerieri” del prestigioso gruppo mediatico.
Egli invoca contro di essi l’intervento della magistratura, sostiene infatti che “i giudici dovrebbero occuparsi dei media Do?an così come fanno col PKK e con la comunità di Fethüllah Gülen”, anch’essa considerata un’organizzazione terroristica mirante a rovesciare il governo del partito Akp da lui fondato.
L’opposizione in Turchia, in primis quella filocurda e di sinistra libertaria del Partito democratico dei popoli (Hdp), teme che la crisi con la Germania possa contribuire ad alimentare la retorica antioccidentale di Erdo?an, utilizzata per mantenere un elevato sostegno pubblico alla sua persona. Da qualche tempo Erdo?an ha perfino utilizzato apertamente espressioni di disprezzo per i valori universali della democrazia e delle libertà, considerati “valori occidentali estranei alla cultura e alla storia turca”.
Come ha osservato recentemente Aydan Özo?uz, il commissario tedesco per l’integrazione, Erdo?an e i turchi ultranazionalisti otterranno una spinta enorme da questa crisi. E pensare che fino a pochi mesi fa si parlava di Turchia in Ue. Ad oggi è un pericoloso cavallo di Troia, a cui nemmeno avvicinarsi.