A che gioco sta giocando Tsipras? Si barcamena, scisso in due fra le promesse impegnative verso il proprio popolo grazie alle quali ha vinto le elezioni e la stretta delle incombenze che l’Europa gli impone di onorare.
Dopo i tuoni e fulmini dell’infervorato discorso programmatico al Parlamento ateniese, Alexis Tsipras torna a mostrarsi conciliante e fiducioso sull’esito positivo della trattativa con la Ue per la soluzione della questione greca. “L’accordo sul debito si troverà” – assicura. Perciò secondo il leader di Syriza, il negoziato sul debito si concluderà con un “compromesso vantaggioso per tutti” e l’attuale fase di stallo è dovuta unicamente a “motivazioni politiche”. Moody’s intanto ha tagliato il rating di 5 banche greche, Piraeus Bank, National Bank of Greece, Alpha Bank, Eurobank e Attica Bank, che sprofondano nella palude dei titoli spazzatura. Il giudizio per tutte le istituzioni è posto sotto osservazione in vista di ulteriori tagli.
Da vedere però come si concilia questa dichiarazione di intenti con il rifiuto dell’austerity e la guerra (di facciata?) dichiarata alla cosìddetta Trojka.
E’ però chiaro che dando un colpo al cerchio e un altro alla botte non si possa ottenere troppo se non assicurare un’esistenza più lunga al nuovo governo greco. Quel che sembra piuttosto chiaro è che Tsipras e il suo entourage cercano dei sondaggi, sparano a zero per poi subito aggiustare il tiro, abbaiano in patria e scodinzolano amichevolmente in Europa. Ma fino a quando sarà possibile questa condotta bifronte? Sui contenuti delle sue richieste, che partono da un prestito ponte per arrivare all’estate e poter così con calma trattare un nuovo accordo, Tsipras ha assicurato che questo “non peserà sui contribuenti europei per nemmeno un euro”. Il programma prevede un prestito ponte dal 28 febbraio al 1 giugno in modo tale da aver lo spazio di manovra fiscale e il tempo per iniziare ad applicare il programma e ripristinare i servizi pubblici. Il ministro delle Finanze Varoufakis ha assicurato che il governo presenterà le sue proposte, e andrà avanti, per attuare profonde riforme in collaborazione con l’Ocse. Ottimismo però gelato dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, secondo cui “non è aria” di cedimento alle richieste di un prestito ponte incondizionato.
Sul piano della azione politica da piede in due staffe – ringhiate e scodinzolii – da Berlino è arrivata una prima risposta alle bordate di Tsipras, che domenica ha evocato anche la richiesta di danni per la guerra e il nazismo; il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha respinto quelle affermazioni e spiegato che simili argomenti sono stati affrontati definitivamente nei negoziati che hanno portato all’unificazione tedesca nel 1990. Quando gli è stato chiesto se Berlino pagherà le riparazioni, Gabriel ha risposto che non c’è nessuna probabilità che ciò avvenga.
Ma la strategia inciendiara alternata di Tsipras, non si limita a trattative sul debito e prevede di giocarsi le proprie carte anche su altri tavoli, profittando della crisi internazionale creatasi attorno alla faccenda ucraina. E il jolly pescato del premier greco sembra essere proprio quello che non ti aspetti ma temi: la minaccia di creare un asse preferenziale con  Putin, da tempo impegnato in uno shopping sotterraneo di nuovi alleati nel cuore dell’Eurozona, spaziando con disinvoltura da Marine Le Pen a Salvini e ora a Tsipras.Con Tsipras, Mosca ha trovato un partner decisamente più utile visto che a differenza dei due succitati leader, il greco è al governo, è il premier di un paese che per quanto disastrato resta un membro della Ue. Questa “collaborazione” ha prodotto già i suoi primi frutti creando una frattura in Europa sulla condotta da tenere nella gestione della crisi ucraina che sta sfuggendo giorno dopo giorno di mano.L’amo di Mosca è stato lanciato subito dopo la fine dell’ incontro negativo tra il ministro delle finanze tedesco Schauble e il suo omologo greco  Varoufakis. In una lunga e cordiale telefonata Putin ha invitato il presidente del Consiglio greco per una visita di Stato il 9 maggio, quando sulla Piazza Rossa celebrerà – anche qui forse non a caso – la vittoria sul nazismo. Altro colpo basso alla Merkel, altra pressione in termini di rinegoziazione del debito e stop all’austerity.
L’obiettivo del leader ellenico è chiaro: sventolare lo spettro di un rapporto privilegiato con Putin gli consente – dal suo punto di vista – di presentarsi al tavolo dei negoziati dell’Eurogruppo con un’alternativa in tasca e uno strumento di pressione in più, in grado di ammorbidire le controparti. I primi messaggi a Ue, Bce e Fmi sono già partiti. Il fronte dell’Est, tra l’altro, è uno dei pochi punti un comune tra Syriza e i suoi alleati di governo di Anel. Panos Kammenos, per dire, ha risposto a muso duro agli attacchi del suo omologo tedesco Ursula von der Leyen che aveva accustato Atene di “mettere a rischio la sua posizione nella Nato avvicinandosi alla Russia”.
Intanto le mortifere dichiarazioni di Soros, il finanziere che mise al tappeto la sterina inglese (“Tsipras farebbe comunque una pazzia a consegnarsi tra le braccia di Putin”) suonano come un monito da tener presente. Dichiarazioni, azioni specifiche e velate minacce animano la ribalta politica internazionale intrecciandosi fra più ambiti: dalla finanza alla politica alla guerra incipiente.Il rapporto Atene-Mosca annovera anche però qualche dossier concreto: il più importante è Turkish Stream, il nuovo maxi-gasdotto russo che dovrebbe bypassare Kiev e – attraverso la Turchia – arrivare in Grecia. E gli uomini di Putin avrebbero mostrato anche interesse per aiutare Tsipras ha ricostruire e ammodernare alcune infrastrutture del paese a partire dalle Ferrovie. In concorrenza diretta, in questo campo, con i cinesi. Arriva poi quello che non ti aspetti, dato il flirt di Atene con Mosca: il sostegno degli Stati Uniti. L’endorsment di Barack Obama al nuovo governo ellenico – “non si possono spremere i paesi in recessione, l’Europa ha bisogno di crescita” – è stato letto da tutti come un assist per non abbandonare Syriza al fronte orientale. A questo punto la via d’uscita dallo stato di crisi pare passi per est, dunque. È davvero lontana l’epoca delle guerre Persiane.