di Giorgio Luca

1. Benefici e rischi

Benefici dal punto di vista dei promotori

Le criptovalute offrono molti potenziali vantaggi, tra cui una maggiore velocità ed efficienza nei pagamenti e nelle rimesse estere, promuovendo altresì l’inclusione finanziaria. Le criptovalute, inoltre, si sottraggono all’azione degli incentivi, potenzialmente controproducenti, tradizionalmente legati alle banche ed ai governi sovrani.

Rischi secondo le Autorità Europee di Vigilanza

La natura relativamente anonima delle valute digitali li ha resi molto attraenti per i criminali per riciclaggio di denaro sporco e altre attività illegali. Secondo le ricostruzioni delle autorità di settore, le criptovalute possono comportare rischi notevoli anche con riguardo alle truffe. Pongono quindi numerosi interrogativi in termini di protezione dei consumatori/investitori.

I rischi per la gestione della politica monetaria sembrano, invece, del tutto improbabili, considerata la loro attuale esigua diffusione. Quanto ai rischi per la stabilità finanziaria, solo una ben più ampia utilizzazione delle criptovalute potrebbe determinarne l’insorgenza.

Rischi legali per il consumatore

L’assenza di un quadro giuridico preciso determina l’impossibilità di attuare un’efficace tutela legale e/o contrattuale degli interessi degli utenti che possono, pertanto, trovarsi esposti a dover subire ingenti perdite economiche, ad esempio, in caso di condotte fraudolente, fallimento o cessazione di attività delle piattaforme on-line di scambio presso cui vengono custoditi i portafogli digitali personali (i cosiddetti e-wallets). In un contesto di assenza di obblighi informativi e di regole di trasparenza, le piattaforme di scambio sono altresì esposte a elevati rischi operativi e di sicurezza: esse, infatti, a differenza degli intermediari autorizzati, non sono tenute ad alcuna garanzia di qualità del servizio né devono rispettare requisiti patrimoniali o procedure di controllo interno e gestione dei rischi, con conseguente elevata probabilità di frodi ed esposizione al cybercrime. Sussistono, inoltre, rischi di controparte, di mercato, di liquidità e di esecuzione. Priva di ogni garanzia è d’altronde la futura possibilità di un’immediata conversione dei bitcoin e delle altre criptovalute in moneta ufficiale a prezzi di mercato.

Scenari

Non è un caso, quindi, che la finanza e il settore bancario guardino con diffidenza e riluttanza alle criptovalute, temendo che siffatte evoluzioni, determinando, in particolare, la possibilità di trasmettere valore senza l’intervento degli intermediari, possano finire per spiazzare il business normalmente svolto dall’industria.

Guardato, tuttavia, come fase primordiale di un più ampio processo di sperimentazione tecnologica e finanziaria, le criptovalute e, più in generale, la distributed ledger technology potrebbero utilmente porre le basi per dar vita a soluzioni capaci di rendere più efficiente o, secondo i più ottimisti, di trasformare radicalmente l’attuale sistema economico.

Lo sviluppo di risposte regolatorie efficaci in merito alle criptovalute è ancora in una fase iniziale: si tratta di un ambito difficile da disciplinare, rientrando nella competenza di differenti soggetti pubblici a livello nazionale e operando, al contempo, su scala globale. Molti sistemi di scambio sono del tutto opachi e operano al di fuori del sistema finanziario convenzionale: ciò rende difficile monitorarne l’operatività.

I regolatori hanno iniziato ad affrontare tali sfide e le risposte fornite al fenomeno sono state molteplici, con una varietà di approcci tra i differenti Paesi. Taluni hanno valutato la possibilità di includere le valute virtuali nel novero di fattispecie già appropriatamente regolate, altri hanno diramato apposite avvertenze ai consumatori o hanno assoggettato a un regime autorizzatorio lo svolgimento di talune delle attività proprie del sistema, altri ancora hanno proibito alle istituzioni finanziarie di negoziare valute virtuali o ne hanno addirittura vietato l’uso, perseguendo penalmente i trasgressori. Si tratta di risposte di policy ancora embrionali rispetto alle sfide poste dalle valute virtuali ed è altamente probabile che, nel prossimo futuro, interverranno ulteriori sviluppi.

Sembra, al riguardo, auspicabile che le autorità calibrino i contenuti delle future regolazioni in modo da affrontare adeguatamente i rischi, senza, tuttavia, soffocare oltremodo l’innovazione. Gli organismi internazionali stanno giocando un ruolo importante nell’identificazione e nella valutazione dei rischi posti dalle valute virtuali e potrebbero senz’altro contribuire a facilitare il processo di sviluppo e di affinamento delle politiche regolatorie a livello nazionale.

A mano a mano che si acquisirà una certa esperienza in ordine al loro funzionamento, la diffusione di standard internazionali e best practice potrà fornire utili indicazioni sulle misure regolatorie più appropriate da implementare nei diversi campi, promuovendo l’armonizzazione e prevenendo il rischio di strategie di arbitraggio. Tali standard potrebbero comprendere accordi di cooperazione internazionale in settori quali lo scambio di informazioni e lo svolgimento di indagini nel perseguimento dei reati transfrontalieri.

2. Il futuro delle criptovalute ed il fenomeno Bitcoin

Il Bitcoin ha visto uno dei rally più importanti nel corso della sua storia a partire dall’ultimo trimestre del 2020. Quest’aumento d’interesse verso i Bitcoin ha portato vantaggi all’intero asset delle criptovalute rendendole sempre più affascinanti sia per gli investitori istituzionali sia retail.

Ma perché il futuro delle criptovalute nel 2021 sembra essere più positivo? E riusciranno a diventare sempre più uno strumento di pagamento alternativo al denaro contante e alle valute FIAT? Vediamo insieme, come le criptovalute sono riuscite ad imporsi sempre di più nel mondo finanziario.

Anche gli Stati nazionali vogliono la loro stablecoin

Un fenomeno che si sta verificando nell’ultimo periodo è la discussione a livello finanziario statale di poter concorrere alla diffusione delle criptovalute con l’emissione di stablecoin legate alla valuta FIAT da sfruttare, però, in campo digitale. La Cina fa da apripista in questo campo, dichiarando che a breve potrebbe essere pronto il suo Yuan digitale.

Ma anche gli Stati Uniti stanno lavorando a una stablecoin legata al dollaro statunitense e controllata dalla Federal Reserve. Lo stesso argomento è stato dibattuto in Europa. Infatti, anche la banca centrale europea sta pensando a un futuro per l’Euro digitale.

La volontà di creare una stablecoin legata alla valuta reale da parte delle istituzioni finanziarie centralizzate permette di prevedere come il futuro sarà sempre più legato alle monete digitali, per il desiderio di non rimanere indietro in un mondo che si evolve sempre più velocemente.

Non solo, le strutture decentralizzate e l’andamento volatile delle criptovalute per gli investitori sono aspetti molto più allettanti rispetto alle stablecoin.

Ma in caso d’adozione di massa i consumatori più conservatori o, comunque, meno inclini al rischio potrebbero trovare una soluzione all’uso delle monete digitali proprio nelle stablecoin legate alle valute FIAT.

Si chiama “CBCB”, sigla che tradotta in italiano sta per “Valuta digitale di banca centrale”. In Cina i progetti sono già in fase avanzata, con una sperimentazione dello Yuan digitale che è in corso sin dal 2014. Una valuta digitale che però, a differenza di Bitcoin e altre criptovalute, sarebbe emessa e controllata direttamente dalla Banca centrale cinese. La BCE sta attualmente lavorando all’Euro digitale ed ha annunciato il 14 luglio scorso il via ad una fase di analisi che durerà 24 mesi. È ancora da comprendere la natura di questa moneta che potrebbe essere una versione digitale dell’Euro attuale scambiata sugli stessi sistemi di pagamento che utilizza oggi la BCE (Tips) oppure una versione che adotta la stessa tecnologia di Bitcoin, la blockchain. Tuttavia, a differenza delle criptovalute dove è garantito l’anonimato (o meglio pseudo-anonimato) grazie a complessi indirizzi (codice di riconoscimento di beneficiario e mittente, nessuna necessità di inserire i propri dati personali), la BCE ha già menzionato in un documento preparatorio la possibilità di legare l’euro digitale agli “e-ID”, ovvero le identità elettroniche. D’altro canto è interesse delle autorità centrali conoscere le identità che si celano dietro agli utilizzatori di un ipotetico euro digitale, a differenza di ciò che accade per le criptovalute (non a caso viene citato tra le priorità del progetto l’antiriciclaggio) nel quale appunto la privacy è garantita integralmente dalla natura decentralizzata della rete e dall’assenza di un ente centrale di controllo. Il braccio di ferro tra i due mondi, sebbene a distanza, è appena cominciato.

Il fenomeno Bitcoin: da 6 mila a 60 mila dollari in meno di un anno

Sicuramente, come abbiamo accennato all’inizio, il grande interesse rinnovato per le criptovalute è dato dal fenomeno Bitcoin. Il BTC ha visto una crescita esponenziale in un momento in cui si stava quasi per dare come “morte” le criptovalute.

Il rally che ha portato questa valuta digitale a passare da un valore di cambio di 6 mila dollari ai circa 60 mila dollari odierni è dovuto però non a un interesse degli investitori retail, ma a uno sguardo a questo strumento come bene di rifugio, anche dall’inflazione, da parte degli investitori istituzionali.

Questi investimenti hanno innalzato la fiducia nel Bitcoin che per primo ha visto un aumento di capitalizzazione. Al contempo, ha permesso anche un maggior interesse da parte dei privati che hanno scelto di muoversi non solo sull’acquisto o investimento in Bitcoin ma anche in altre criptovalute come Litecoin o Ethereum.

Infatti, questo si può denotare anche nell’aumento di interesse nel trading di criptovalute per riuscire a sfruttare non solo l’andamento sul mercato del Bitcoin ma anche di altre valute digitali.

Anche se con alti e bassi, dovuti alla volatilità dei BTC, le previsioni per il 2021 su questo asset sembrano rosee. I più fiduciosi si aspettano perfino un ulteriore aumento di prezzo, fino a superare la soglia dei 100 mila dollari.

Criptovalute: saranno sempre più usate per i pagamenti?

PayPal ha lanciato la possibilità di pagare in milioni di negozi ed e-commerce americani che accettano questo strumento di pagamento con criptovalute quali Bitcoin, Litecoin e Bitcoin Cash.

Questa possibilità entro il 2022 sarà data ai clienti di tutto il mondo che avranno così la possibilità di utilizzare le criptovalute per fare acquisti in 26 milioni di attività che al momento accettano PayPal.

Oltre a PayPal bisogna considerare anche l’interesse per le criptovalute da parte di colossi dei pagamenti come Visa e Mastercard.

Queste manovre da parte di grandi rappresentanti nel settore dei pagamenti sia fisici sia online fa prospettare un aumento dell’uso delle criptovalute in futuro come denaro contante e non solo come strumento sul quale investire il proprio capitale.

Differenza tra criptovalute e monete “tradizionali”

Le monete tradizionali – come l’euro – vengono emesse dalle banche centrali – come la Banca Centrale Europea. Le banche commerciali, quelle in cui i cittadini hanno il proprio deposito in conto corrente, a loro volta detengono un conto presso la banca centrale del proprio Paese (nel caso dell’Italia ovviamente la Banca d’Italia). Le criptovalute, invece, sono totalmente estranee a questo sistema monetario. Monete come Bitcoin, per citare la più famosa, vengono scambiate e create all’interno di un registro distribuito e pubblico chiamato blockchain. Questo registro è, per l’appunto, condiviso e accessibile a tutti i partecipanti alla rete Bitcoin. Non c’è alcuna autorità centrale a controllo della rete che è, invece, regolata da complessi algoritmi informatici e crittografici pre-determinati. Non è possibile depositare direttamente sul conto corrente bancario “tradizionale” i propri bitcoin (a meno che la propria banca non fornisca servizi che si interfacciano, ovvero che dialoghino, con la blockchain oppure che si convertano prima in euro). I due sono universi separati e le autorità “tradizionali” si sono ritrovate con un problema: regolamentare il “nuovo” mondo finanziario con leggi “vecchie” che non prevedevano neanche lontanamente l’esistenza del mondo cripto.

Perché le istituzioni finanziarie non amano le criptovalute?

Perché sono al di fuori del loro raggio d’azione. Come scrive la BCE nel proprio sito: “non compete alla BCE vietare o regolamentare i bitcoin e le altre criptoattività, perché non hanno corso legale. Tuttavia, data l’assenza di tutele per il consumatore, è importante essere cauti”. La Banca Centrale Europea, così come le altre, può controllare tutta una serie di parametri (tassi di interesse, riserve obbligatorie e così via) che influenzano direttamente l’euro ma che non condizionano minimamente le criptovalute che si “autoregolano” sulle loro reti blockchain “private” (fatte salve le cosiddette stablecoin che per semplicità non vengono considerate in questa sede). Lo scenario che temono i regolatori è, quindi, una larga diffusione delle cripto attività con conseguente migrazione della ricchezza e degli scambi dal circuito “tradizionale” (che possono controllare) a quello della blockchain (che è impenetrabile per le autorità in termini di sicurezza grazie alla crittografia).

Le parole di Paolo Savona all’incontro annuale della Consob

Paolo Savona, presidente della Consob, autorità italiana per la tutela della trasparenza del mercato finanziario, si è recentemente espresso in varie sedi sul tema delle criptovalute. Nel suo tradizionale discorso all’incontro annuale con il mercato finanziario, il 14 giugno 2021, Savona ha paragonato le criptovalute al “Genio” uscito dalla “lampada prodigiosa” dell’informatica finanziaria. Un giro di parole per spiegare come si tratti di un nuovo mondo per la finanza che non può più essere cancellato o interrotto e che i regolatori devono scegliere come affrontare. Il timore, dice Savona, è che a seguito della continua evoluzione degli strumenti finanziari legati alle criptovalute “sembra ripetersi l’esperienza antecedente la crisi del 2008, quando i contratti derivati si svilupparono fino a raggiungere una dimensione dieci volte il Pil globale, assumendo forme complesse che ricevettero un rating elevato”.

Il discorso di Paolo Savona nel suo saluto introduttivo alla relazione delle attività annuali dell’Authority è un grido di allarme nei confronti delle criptovalute. Con un riferimento molto chiaro in capo a tutto, il Presidente della CONSOB non esita a portare avanti un diretto parallelismo con il 2008 e con la bolla che fece esplodere il mercato dei derivati trascinandosi dietro tutta quella economia che su questi strumenti aveva poggiato le proprie attività.

Ma ad una rilettura approfondita del discorso emerge più che altro un certo approccio interventista, un modo per evitare di restare travolti da un nuovo sistema senza avere armi con cui difendersi. La Consob chiama in campo direttamente l’Europa, spiegando che l’Italia ha il dovere di portarsi avanti sul problema in attesa che a livello comunitario si possa arrivare a norme che armonizzino le diverse legislazioni.  Attendere sarebbe un atteggiamento colpevole mentre regolamentare è un dovere vero e proprio.

Secondo Paolo Savona nessuna autorità potrà invertire il percorso delle criptovalute: son qui per restare. Tuttavia, occorre fare in modo che il tutto possa proseguire su canali di legalità che ad oggi non sembrano in alcun modo assicurati. La Consob sottolinea come gli ammonimenti alla cautela non sono serviti e troppi utenti hanno riversato in modo illogico i propri risparmi su valute virtuali delle quali si sa poco o nulla.

L’attuale sistema degli strumenti criptati si regge sulla convinzione e convenzione dominanti tra privati che ignorano il ruolo centrale che svolge nel buon funzionamento del mercato la natura legale della moneta come unico mezzo di scambio e di liberazione dei debiti.

Durante il suo intervento alla Digital Week, organizzata da Milano Finanza e Class Editori il 30 giugno scorso, Savona ha addirittura definito le criptovalute “falsificazione della moneta sovrana”. Dal suo punto di vista, infatti, “in un prevedibile futuro si altererebbe sia il funzionamento del mercato mobiliare che quello della democrazia”, trattandosi di monete che sfuggono al sistema tradizionale di banca centrale, banche commerciali e depositi. “A questo punto le autorità ne sono tagliate fuori. Il sistema monetario europeo deve fare il cripto euro” e, in effetti, la Bce si sta muovendo in questa direzione.

Va detto a onor di cronaca che Paolo Savona negli anni precedenti la sua nomina a Ministro per gli affari europei nel primo Governo Conte e quella a presidente della Consob era amministratore di Euklid, un fondo speculativo con sede nel Regno Unito che coniuga intelligenza artificiale e blockchain. Blockchain che è, appunto, l’universo nel quale le criptovalute esistono e vengono scambiate.

Consob contro Binance, la cripto-piattaforma più importante del mondo

Il 19 luglio Consob, seguendo altre autorità di regolamentazione, ha avvertito i risparmiatori che il “Gruppo Binance” non è “autorizzato a prestare servizi e attività di investimento in Italia, nemmeno tramite il sito www.binance.com le cui sezioni denominate derivatives e Stock Token, relative a strumenti correlati a cripto-attività, sono risultate in precedenza redatte anche in lingua italiana”. Una comunicazione che, nonostante i toni, si limita a ricordare agli investitori che Binance non ha ricevuto l’autorizzazione da Consob o Banca d’Italia ma che, di fatto, non proibisce né rende irraggiungibile il sito internet della piattaforma. Infatti, all’interno della stessa comunicazione si legge: “si raccomanda di attenersi sempre alla regola generale di considerare l’adesione a proposte contrattuali solo quando se ne abbia un’adeguata comprensione”, ribadendo il principio di massima tutela del risparmiatore e dell’obbligo informativo per la controparte.

L’uso di questi strumenti nelle forme chiuse all’esterno dei partecipanti all’iniziativa (permission less) preclude una vigilanza privata (come quella svolta dai collegi sindacali e dalle società di certificazione) o pubblica (da parte delle autorità di vigilanza). Senza presidi adeguati (norme ed enti) ne consegue un peggioramento della trasparenza del mercato, fondamento della legalità e delle scelte razionali degli operatori. Tra gli effetti negativi ben conosciuti vi è la schermatura che queste tecniche consentono ad attività criminali, come l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro sporco, il finanziamento del terrorismo e il sequestro di persone. La concentrazione nel possesso di Bitcoin che è stata recentemente accertata può riflettere questo aspetto del problema.

I timori della CONSOB sono precisati in questo passaggio che mette nero su bianco la sensazione per cui il problema sia ormai troppo ampio per poter essere ignorato: “il fiume ormai in piena degli strumenti virtuali si è articolato in molti e variegati rivoli: Internet, che non è certo la culla delle certezze, attesta che esistono in circolazione dalle quattro alle cinque mila cryptocurrency (nelle forme di stablecoin ma in gran parte floating) che operano più o meno indisturbate; se a esse si applica l’esperienza fatta in poco tempo dalla Consob nell’oscurare in Italia centinaia di siti web che raccoglievano illecitamente risparmio il quadro che ne risulta appare preoccupante”.

L’uso delle criptovalute nelle attività illecite

Il sistema delle criptovalute appare ancora oscuro e di difficile regolamentazione strutturale e legislativa sia per il settore privato che per le istituzioni. Tuttavia, esso non è sconosciuto alla piccola criminalità ed alle organizzazioni criminali.

Infatti, secondo quanto denunciato nella relazione dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, già nel 2017 erano state registrate oltre 200 attività sospette riferite all’utilizzo di criptovalute. La relazione spiegava come spesso queste operazioni nascondessero connessioni con estorsioni online, truffe e schemi Ponzi (o piramidali) tali da innescare complesse attività investigative che hanno anche rilevato collegamenti con la criminalità organizzata.

Per comprendere meglio le dinamiche dell’utilizzo per fini illeciti delle criptovalute si rammenta quanto già espresso all’inizio del presente capitolo, ovvero che le criptovalute sono rappresentazioni digitali di valore che non costituiscono moneta legale in quanto non emesse da banche centrali o da autorità statali. Esse si sviluppano attraverso la tecnologia Blockchain (cfr. capitolo 2) in cui il passaggio di informazioni si dirama attraverso una rete di blocchi. Ogni modifica delle informazioni contenute nei blocchi avviene per mano degli utenti e, per essere convalidata, deve ricevere l’approvazione degli stessi. Tuttavia, tali azioni non modificano il blocco, bensì, ne creano nuove copie, lasciando invariate le precedenti. Le due versioni, immutabilmente collegate tra loro da un codice chiamato hash, creano un processo che si ripete per ogni modifica effettuata, fornendo una cronistoria invariabile. L’intero procedimento è completamente pubblico ma garantisce il cosiddetto “pseudonimato” di ogni singolo utente poiché quest’ultimo è riconoscibile solo attraverso un codice alfanumerico che funge da pseudonimo. Tali caratteristiche, in caso di indagini, pur consentendo all’autorità giudiziaria di avere accesso ad uno storico finanziario completo, pubblico ed incontrovertibile, rendono difficoltosa l’identificazione dei soggetti coinvolti in quanto le loro identità rimangono celate dietro gli pseudonimi alfanumerici collegati ai loro portafogli elettronici.

Tale contesto crea le basi per la proliferazione di un ecosistema favorevole per le organizzazioni criminali, le quali possono trarre vantaggio dalle cosiddette “aree grigie” della legislazione, incrementando i casi di operazioni de facto criminali ma di difficile inquadramento giuridico anche a livello internazionale e complesse da contrastare in termini operativi.

Queste premesse rendono le criptovalute uno strumento importante dei sentieri evolutivi nel campo del riciclaggio di denaro e dei finanziamenti illeciti. Esse costituiscono un servizio di pagamento innovativo e complesso che rende ancor più intricata l’attività di prevenzione e di contrasto.

Inoltre, occorre tenere presente che la complessità nel monitorare, tracciare e perseguire i reati collegati all’uso di queste tecnologie deriva dalla loro natura completamente digitale.

Tuttavia, man mano che il settore degli asset digitali matura, stiamo iniziando a vedere un movimento positivo verso la regolamentazione e la lotta alle pratiche illegali. Sin dal 2017 la quantità di Bitcoin inviati e ricevuti da entità nel darknet continua a diminuire, probabilmente a causa delle normative più rigide e dell’introduzione dei controlli Know Your Customer1 (previsti per le piattaforme di exchange). Tuttavia, il valore trasferito è aumentato in termini di dollari in seguito all’impennata dei prezzi dei Bitcoin.

Fortunatamente tutto ciò sta diventando sempre più difficile, in quanto la maggior parte degli exchange è sempre più conforme e proattiva per quanto riguarda gli standard KYC. L’adozione di questi standard è in crescita (cfr. capitolo 4) ed il numero di exchange con scarsi requisiti di verifica (in grado di offrire un maggiore livello di anonimato) è destinato a diminuire ulteriormente man mano che le normative crypto si sviluppano a livello globale e regionale.

La natura trasparente delle transazioni crypto, pertanto, mette questa struttura finanziaria in una posizione di vantaggio per quanto riguarda le indagini sulle attività illecite come il riciclaggio di denaro. I flussi di criptovalute sono altamente tracciabili, al contrario delle fiat tradizionali che una volta scomparse dal radar non possono più essere rintracciate.

Le transazioni blockchain sospette possono essere monitorate seguendo connessioni dirette e indirette effettuate tra loro e rintracciando fonti di criptovalute potenzialmente illegali.

Ovviamente, in caso di operazioni transnazionali è di fondamentale importanza incentivare maggiori collaborazioni tra stati per lo scambio di informazioni sulle transazioni fraudolente. Diversamente, a livello nazionale, occorre sviluppare protocolli investigativi unificati tra gli organi che vigilano sulle operazioni finanziarie sospette, incrementando, ad esempio, il livello e gli ambiti di collaborazione tra le forze di Polizia, la Consob e la Banca d’Italia.

Al contempo, lo sviluppo di blockchain, come Bitcoin o Ethereum (altamente trasparenti e tracciabili, così come altre principali blockchain, tra cui Bitcoin Cash, Litecoin, Tether e Ripple), scambiate attraverso piattaforme di exchange conformi agli standard KYC, consentirebbe ancor di più uno sviluppo “sano” e conveniente delle criptovalute.

Zcash e Monero

Tra le tante criptovalute che garantiscono sicurezza e anonimato va menzionata Zcash (ZEC in ambito trading). Si tratta di un’altcoin che si è fatta largo fra le innumerevoli criptovalute sul mercato grazie a due caratteristiche principali: sicurezza ed anonimato, caratteristiche ad oggi condivise anche con un’altra criptovaluta: Monero (XMR in ambito trading).

Insieme a quest’ultima si distinguono per la sicurezza delle transazioni e per l’anonimato, ovvero per la poca tracciabilità, sfruttando al massimo le capacità della blockchain decentralizzata.

Gli ideatori l’hanno realizzata con l’obiettivo di garantire un maggior livello di privacy a chi la possiede e ne fa uso, perciò nelle transazioni eseguite tramite questo tipo di blockchain non vengono resi pubblici e visibili i dati.

L’anonimato è garantito dal fatto che questa criptovaluta non pubblica in chiaro tutti i dettagli delle transazioni all’interno della blockchain grazie all’utilizzo di due accorgimenti:

  • offuscamento del mittente e del destinatario;
  • offuscamento della transazione.

Questo è possibile grazie all’uso dell’algoritmo “Zero Knowledge Proof”, tradotto in italiano significa “dimostrazione a conoscenza zero” che ha la funzione di oscurare le informazioni sensibili come il mittente e il destinatario della transazione e la transazione stessa. Ad ogni modo l’utente ha la possibilità di scegliere se rendere pubbliche o private le informazioni relative alle transazioni.

In questo periodo Zcash si trova al 66° posto nella lista delle Migliori 100 Criptovalute per Capitalizzazioni di mercato e il suo valore si aggira attorno ai $ 1352.

Il fondatore e CEO di Zcash (ZEC), Wilcox O’Hearn,descrive la differenza di Zcash nei confronti di bitcoin attraverso un’iconica frase: “Se i bitcoin sono l’http delle valute, Zcash può essere considerato l’https.”

L’algoritmo Zero Knowledge Proof

La tecnologia denominate Zero KnowledgeProof si fonda sull’algoritmo Zk-Snark, acronimo di Zero-Knowledge Succinct Non-Interactive Argument of Knowledge. Questo complesso sistema si riferisce ad una costruzione di prove in cui un utente può dimostrare il possesso di alcune informazioni sensibili (ad esempio, chiave segreta) senza rivelarne però il contenuto effettivo.

Gli utenti possono, pertanto, decidere se effettuare transazioni pubbliche (trasparenti) oppure private.

Le transazioni che verranno inviate attraverso un indirizzo protetto verso un altro trasparente consentiranno di vederne il valore. Invece, se verrà effettuata una transazione da un indirizzo trasparente verso un altro protetto il valore che verrà ricevuto risulterà anonimo.

Un incentivo all’illegalità?

Le criptovalute come Zcashhanno il vantaggio di fornire elevati livelli di riservatezza,avendo anche lasicurezza di una blockchain decentralizzata, tuttavia, queste caratteristiche hanno favorito la diffusione di questa altcoin nell’ambito dell’illegalità. Infatti, secondo alcuni studi di settore3, Zcash avrebbe un forte utilizzo nel mercato illecitodi droghe, armi e prostituzione.

Il report “Exploring the use of Zcash cryptocurrency for illicit or criminal purposes” (cfr. la nota 5 a pie di pagina) racconta ed analizza i vari settori in cui le privacy coin sono utilizzate. Al primo posto troviamo il riciclaggio di denaro (34%), seguito dal pagamento di beni e servizi nel mercato nero (28%) ed al terzo posto il terrorismo (18%). In generale, però, Zcash non è la crypto più usata per scopi illeciti: al primo posto troviamo, infatti, Bitcoin (BTC) e Bitcoin Cash (BCH) con il 59%, al secondo posto Monero (XMR) con il 27% ed al terzo posto Ethereum (ETH) con il 12%.

Zcash viene, invece, usata solo dall’1% dei criminali. La volatilità di BTC è superiore a quella di ZEC ed è, quindi, comprensibile che a volte i criminali preferiscano avere un asset che nel tempo potrebbe aumentare esponenzialmente piuttosto che utilizzare una crypto meno diffusa per poi doverla convertire tramite un exchange e, quindi, effettuare le procedure KYC (Know Your Customer) e AML (Anti Money Laundering).

Infine, possiamo concludere che non sempre una crypto rivolta alla privacy si dimostri quella più utilizzata nelle operazioni criminali: infatti, nei ransomware il riscatto viene spesso chiesto in BTC e non in Monero (XMR).

Tuttavia, va sempre ricordato che il CEO e i programmatori che lavorano da anni allo sviluppo di Zcash affermano di aver creato questa criptovaluta non per facilitare le attività illegali ma per fornire un livello di privacy alle persone che non vogliono rendere le loro transazioni finanziarie visibili al mondo.

Doverosa regolamentazione

Molto interessante è però il ruolo della CONSOB a partire da un principio costituzionale: se è vero che la Repubblica ha il compito di incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme e di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, allora ecco che le paure vanno messe da parte per lasciar spazio alla regolamentazione. Solo così si può affrontare il mercato delle criptovalute senza lasciarsi guidare dai timori. Ma “se la regolamentazione si limitasse a mettere sabbia nel meccanismo e, come ampiamente si discute, ad appagarsi nel tassare i guadagni ottenuti, la conseguenza potrebbe essere la continuazione della loro diffusione che potrebbe sfociare in una nuova crisi di mercato”. Non serve ostruzionismo ma regole chiare, condivise e finalizzate al buon funzionamento di qualunque forma di risparmio.

Se, come sembrerebbe, si intendesse riconoscere l’esistenza di monete private, gli utenti dovrebbero esplicitare in un’apposita clausola contrattuale di essere consci dei rischi che si stanno accollando facendo uso di monete non pubbliche e le autorità di vigilanza del mercato e del risparmio dovrebbero poter conoscere, con un’apposita chiave di accesso alle contabilità decentrate, tutte le operazioni di questo tipo che vengono attuate.

Se le criptovalute vorranno imporsi, non potranno procedere soltanto con un braccio di ferro con le autorità, ma dovranno piegarsi e adattarsi, soprattutto attraverso una maggior consapevolezza da parte dei singoli utenti. In caso contrario l’esistente non potrà cedere sovranità e l’innovazione dovrà dimostrare di avere la forza per resistere allo scontro.

Sono le aspettative di progresso, talvolta anche di natura utopica, che hanno mosso e muovono le conquiste dell’umanità. La loro capacità di incidere sulla resistenza che mostra l’esistente dipende dal raggiungimento da parte dei cittadini di una consapevolezza degli obiettivi e dei modi per raggiungerli. Perciò si è molto insistito su un triplice impegno, educativo e formativo, come viatico di successo per le scelte da effettuare.

Ma c’è qualcosa che va ancora al di là delle sole ricadute finanziarie di Bitcoin e simili, qualcosa che è più afferente alla società ed agli equilibri della democrazia. Il rischio, spiega la Consob, è che le criptovalute abbiano portato sui mercati una certa “ingenuità” con la quale sono ignorate le ricadute che la moneta ha su altri aspetti collaterali di fondamentale importanza.

La funzione redistributrice, propria della democrazia e quella produttiva-commutativa, propria del mercato, risultano alterate dalla creazione di potere di acquisto digitalizzato ancor più se collocato in una contabilità perfettamente decentrata. Nonostante la loro importanza negli equilibri sociali le implicazioni etiche delle innovazioni finanziarie sul funzionamento della democrazia hanno finora ricevuto minore considerazione di altri aspetti del problema, quali il digital divide, la privacy e il diritto alla libera iniziativa privata.

Un sistema nel quale il potere d’acquisto può essere creato dal nulla è un sistema che ha basi totalmente disallineate con l’economia e ciò non può che portare avanti disequilibri. La privatizzazione della produzione di moneta è qualcosa che fuoriesce pericolosamente da un sistema consolidato, mettendo l’intera struttura a repentaglio senza vere velleità che non siano di natura lucrativa e speculativa. Un rischio, insomma, fine a se stesso che, secondo la Consob, diventa il pericolo peggiore che le criptovalute stanno riversando su mercati e cittadini.

Il rapporto di debito e credito si concreta solo al verificarsi dell’aspettativa che qualcuno accetti spontaneamente lo strumento virtuale creato e possa rivenderlo ad altri al momento opportuno. Solo le operazioni di scambio effettuate dopo aver “minato” le criptovalute generano un rapporto da iscrivere in una contabilità a partita doppia ma la reale responsabilità del debitore “secondario” resta pur sempre incerta, avendo alla radice l’assenza di un debitore “primario”.

Quali sono i rischi del trading sulle criptovalute

I rischi del trading sulle criptovalute sono prevalentemente relativi alla volatilità. Le criptovalute sono prodotti speculativi ad alto rischio ed è importante comprenderne i rischi prima di iniziare a negoziare.

Le criptovalute:

  • sono volatili: cambiamenti inaspettati nel sentimento del mercato possono determinare movimenti secchi e improvvisi nel prezzo. È piuttosto comune che il valore delle criptovalute crolli rapidamente di centinaia, se non migliaia di dollari.
  • non sono regolamentate: al momento, le criptovalute non sono regolamentate né dai governi né dalle banche centrali. Tuttavia, recentemente hanno iniziato ad attirare sempre più utenti. Ad esempio, ci si chiede se vadano classificate come materie prime o come valute virtuali.
  • sono a rischio di errore e hacking: non c’è un modo infallibile per prevenire i problemi tecnici, l’errore umano o le attività di hacking.
  • possono essere influenzate da biforcazioni o interruzioni: il trading sulle criptovalute comporta un rischio supplementare come gli hard fork o le interruzioni. È importante conoscere bene tali rischi prima di negoziare su questi prodotti. Quando si verifica un hard fork potrebbe verificarsi una forte volatilità intorno a tale evento e se non riceviamo prezzi affidabili dal mercato sottostante potremmo dover sospendere le attività di trading.

1 Espressione con cui si indica un processo di riconoscimento utilizzato dalle aziende per verificare l’identità dei propri clienti e valutare potenziali rischi o intenzioni illegali nel rapporto con il cliente. Il termine fa spesso riferimento alle regolamentazioni bancarie e alle normative anti-riciclaggio che regolano queste attività. In Italia, la Banca d’Italia, che esercita anche il potere di regolamentare il comparto finanziario ha promulgato nel 2007 i requisiti e le regole che le istituzioni finanziarie devono seguire per soddisfare i requisiti per il KYC.

2 Fonte Coinmarketcap.

3 Exploring the use of Zcash cryptocurrency for illicit or criminal purposes. Di Erik Silfversten, Marina Favaro, Linda Slapakova, Sascha Ishikawa, James Liu, Adrian Salas. Pubblicato da RAND Corporation.