Corte Cost. Sentenza n. 149/2022, ud. 10.05.2022
di Giuseppe Camera
Con la recente Sentenza in commento la Corte Costituzionale si è occupata del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., promosso dal tribunale ordinario di Verona, censurato “nella parte in cui non prevede L’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato, al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo non legato a quello penale da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto, una sanzione avente carattere sostanzialmente penale ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dei relativi protocolli” in riferimento all’art. 117 primo comma della Costituzione, in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU.
La vicenda trae abbrivio dalla instaurazione, in capo allo stesso soggetto, di due diversi ed autonomi procedimenti, amministrativo e penale, originati dal medesimo fatto: per avere, l’interessato, a fini di lucro detenuto per la vendita e riprodotto abusivamente, presso la copisteria di cui è titolare, opere letterarie fotocopiate oltre il limite consentito, in numero pari a quarantanove testi.
Orbene, sul “versante” penale il soggetto imputato veniva attinto da decreto penale di condanna per il reato previsto dall’art. 171-tre, primo comma, lett. b), della legge 22 aprile 1941, n. 633 (protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).
Sul parallelo “binario” amministrativo, per la medesima condotta, l’imputato veniva colpito, ai sensi dell’art. 174-bis della legge n. 633 del 1941, da sanzione amministrativa definitiva, per l’importo di 5974 euro, pari al doppio della sanzione minima (103 euro) moltiplicato per venticinque libri di testo, dei quarantanove totali, dal prezzo non determinabile, oltre a “un terzo dell’importo massimo previsto per le opere il cui prezzo di vendita era riconosciuto”.
La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità, dopo aver respinto una serie di eccezioni di inammissibilità, entrando nel merito del giudizio di fondatezza, opera una motivazione che prende le mosse e “sposa” l’iter logico-argomentativo dell’ordinanza di rimessione, in relazione al riconoscimento dei presupposti applicativi del divieto di bis in idem.
In primis, i Giudici costituzionali affermano che la garanzia del ne bis in idem, riconosciuto a livello internazionale nell’art. 4, paragrafo 1, Prot. N. 7 CEDU, la quale “mira a a tutelare l’imputato non solo contro la prospettiva dell’inflazione di una seconda pena, ma ancora prima contro la prospettiva di subire un secondo processo per il medesimo fatto”, si sostanzia quale vero e proprio diritto fondamentale della persona.
In secondo luogo, l’attenzione si sposta sulla disciplina della legge n. 633 del 1941, in materia di tutela del diritto d’autore, che, a detta della Corte “ è interamente costruita attorno ad un sistema di “doppio binario” sanzionatorio”, dove sovente le medesime condotte, costituiscono al contempo delitti ed illeciti di natura amministrativa.
Nel costrutto normativo di riferimento, la legge n. 633 del 1941, l’art. 171-ter e l’art. 174-bis sanzionano esattamente le medesime condotte materiali; inoltre l’art. 174-bis, a scanso di qualsivoglia equivoco interpretativo stabilisce expressis verbis che le sanzioni amministrative ivi previste si debbono applicare “ferme le sanzioni penali”, palesando la chiara volontà legislatoris di operare un cumulo in capo allo stesso soggetto trasgressore di due diverse tipologie di sanzioni.
Di poi, la Corte, richiamando gli approdi interpreti i ed ermeneutici raggiunti dalla giurisprudenza sovranazionale, ravvisa, nel caso di specie, tanto il presupposto soggettivo dell’eadem persona, dal momento che è il medesimo soggetto ad essere interessato sia dal procedimento penale che dalla sanzione di carattere amministrativo, quanto quello oggettivo, rappresentato dall’’idem factum, ovvero il fatto considerato nella sua veste storico-naturalistica, indipendentemente dal diverso nomen iuris attribuito dall’Ordinamento, così come adottato dalla costante giurisprudenza della Corte EDU a partire dal leading case Zolotoukhine c. Russia ed accolto dalla giurisprudenza della Consulta a partire dalla Sentenza n. 200 del 2016.
Integrato risulta altresì il presupposto segnato dal c.d. bis, ovvero l’esistenza di un secondo procedimento sanzionatorio che si sviluppa parallelamente o consecutivamente nei confronti del medesimo soggetto. Una volta definitosi l’uno o l’altro (processo penale e procedimento amministrativo), conseguenza fisiologica sarà che il procedimento ancora in corso o da iniziarsi del tutto diverrà un bis rispetto a quello già definito (e definitivo).
La Consulta, successivamente, riconosce la natura “sostanzialmente penale” delle sanzioni amministrative previste dall’art. 174-bis della legge n. 633 del 1941 sulla base dei noti Engel’s criteria.
Difatti, Il carattere punitivo della sanzione in esame è rinvenibile non soltanto nel quantum del sacrificio economico imposto al trasgressore (superiore al profitto ricavato dall’ illecito) ma finanche esaminando la stessa ratio legis ovvero la relazione al disegno di legge A.S. 1496, poi sfociato nella legge n. 248 del 2000 che ha introdotto l’art. 174-bis, ove si sottolinea come l’obbiettivo perseguito dalla novella legislativa fosse quello di “incrementare il grado di dissuasività delle misure di contrasto” alle violazioni del diritto d’autore, mediante sanzioni amministrative “che appaiono dotate di autonoma deterrenza in quanto rapidamente applicabili”.
Posto ciò, i Giudici, richiamano i criteri forgiati dalla Corte EDU nella nota Sentenza A e B c. Norvegia, secondo cui perché sia integrata una violazione della garanzia convenzionale del ne bis in idem di cui all’art. 4 del prot. N. 7 della CEDU, occorre altresì che tra i due procedimenti (penale e sostanzialmente penale) non debba intercorrere una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta” che sussiste alla presenza dei seguenti criteri: scopi distinti e complementari dei diversi procedimenti; la prevedibilità della duplicità dei procedimenti in conseguenza della stessa condotta; modalità di conduzione dei procedimenti che eviti, possibilmente, ogni duplicazione nella raccolta e nella valutazione di prove; previsione di meccanismi che consentano di tenere in considerazione la sanzione già inflitta in modo da evitare un trattamento sanzionatorio complessivo sproporzionato.
Alla luce dei suddetti criteri, esaminati puntualmente nella parte motiva della decisione, la Consulta ha stabilito che “il sistema di doppio binario in esame non è normativamente congegnato in modo da sicurare che i due procedimenti sanzionatori previsti apprestino una risposta coerente e sostanzialmente unitaria agli illeciti in materia di violazioni del diritto d’autore”.
Sempre la Corte ritiene che “i due procedimenti originano dalla medesima condotta, ma seguono poi percorsi autonomi, che non si intersecano ne si coordinano reciprocamente in alcun modo, creando così inevitabilmente le condizioni per il verificarsi di violazioni sistematiche del diritto al ne bis in idem”
Pertanto, al fine precipuo di porre parzialmente rimedio alle violazioni del diritto in questione, i Giudici dichiarano la illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. Nella parte in cui esso non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171-ter della legge n. 633 del 1941 che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, conclusosi definitivamente, per l’illecito di cui all’art. 174-bis della stessa legge.
Peraltro, la Corte ha avuto modo di evidenziare come il rimedio operato, pur necessario a evitare il prodursi di violazioni del diritto fondamentale nell’eventualità in cui il processo penale segua quello amministrativo, non risulta idoneo a conferire “razionalità complessiva” al sistema, che consente comunque l’apertura di due procedimenti nei confronti dello stesso soggetto ed il loro svolgimento parallelo.
Da ultimo, la Consulta rivolge un chiaro monito al Legislatore, affinché si provveda a rimodulare la disciplina in esame in modo da assicurare un adeguato coordinamento tra le proprie disposizioni procedimentali e sanzionatorie, nel più ampio ambito di una auspicata rimeditazione complessiva dei vigenti sistemi costruiti attorno al doppio binario sanzionatorio, utilizzando quali imprescindibili parametri, i criteri ed i principi enunciati dalla Corte EDU, dalla CGUE e dalla stessa Corte Costituzionale.
Il dictum testè esaminato risulta di fondamentale importanza e desta particolare interesse in quanto prima declaratoria di illegittimità costituzionale in materia di ne bis in idem convenzionale e “doppio binario” sanzionatorio.
E’ auspicabile dunque, che questa pronuncia possa fungere da “apripista” ad ulteriori decisioni da parte della Corte Costituzionale, in relazione alle varie e numerose ipotesi, presenti nel panorama ordinamentale nostrano, in cui vigono regimi disciplinati secondo il sistema del doppio binario sanzionatorio, nella trepidante attesa di puntuale e salvifico intervento del Legislatore.