Nel 2016 sbarcati 22.000 minori non accompagnati
Gli sbarchi sulle nostre coste sono inesorabilmente aumentati, ma ciò che più colpisce è che sono aumentati i minorenni (bambini e adolescenti) che arrivano senza nessuno che li accompagni.
Soli perché hanno perso entrambi i genitori o la mamma durante il viaggio di disperazione; soli perché può capitare che decidano di partire senza nessuno; soli perché le famiglie li consegnano ai trafficanti di esseri umani; soli perché i genitori li vogliono mandare a lavorare lontano nella speranza di un futuro diverso, forse migliore.
I bambini sono innocenti per definizione in quanto vanno educati e orientati ed è difficile invece immaginare il dolore e i traumi a cui sono esposti costoro che giungono da noi. In più e non di poco conto, oggi bisogna considerare anche quanto essi patiscano la guerra, sia come bambini/soldato, come bambini/kamikaze indottrinati al Jihad, sia se bloccati in luoghi sotto bombardamento. Comunque e in ogni caso, sono vittime.
Save The Children opera da tempo nel Sud Italia dove gli sbarchi sono intensi e in corso e Giovanna Di Benedetto, portavoce dell’organizzazione, ci ha illustrato le attività e la mission dedicate ad assicurare accoglienza e protezione ai minori migranti che arrivano sulle nostre coste.
Presente in Sicilia, Puglia e Calabria, nell’ambito di progetti finanziati dal Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, dal 2008 con ‘Praesidium’, terminato nel 2015, l’impegno continua oggi con “Children come first”.
Il compito è quello di rafforzare il sistema dell’accoglienza dei minori migranti attraverso due canali: potenziamento delle attività d’intervento volte a supportare e ad assistere il minore fin dal primo momento dello sbarco e in secondo luogo, informazione, formazione e capacity building verso tutti quei soggetti impegnati nella gestione dei flussi migratori in queste zone.
L’obiettivo, ci racconta la dott.ssa Di Benedetto, è di aumentare il livello di consapevolezza che i minori migranti hanno sui propri diritti, doveri e opportunità al fine di rafforzare la loro capacità di affrontare situazioni ad alto rischio perché è chiaro che i pericoli non terminano con la traversata.
Per tutto questo Save The Children si avvale di personale molto esperto e due sono le figure essenziali: legali e mediatori culturali.
Inoltre nei principali luoghi di sbarco (Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna, ma anche in zone di frontiera come Como e Ventimiglia) sono presenti sette Team Mobili che si occupano di supportare le autorità locali nell’individuazione dei minori, segnalando eventuali casi di minori erroneamente identificati come maggiorenni e viceversa, e dei casi di maggiore vulnerabilità come le vittime di tratta, di traumi, di violenza, i potenziali richiedenti asilo, i minori non accompagnati.
Quest’anno c’è stato un aumento vertiginoso dell’arrivo di minori sulle coste italiane e le cifre di Save The Children rispecchiano una situazione grave e allarmante: dall’inizio del 2016 sono giunti da noi quasi 25 mila tra bambini e adolescenti, ma la maggior parte, quasi 23 mila, sono minori non accompagnati. In considerazione di ciò, nell’ambito di un’iniziativa coordinata dalla Guardia Costiera, il 7 Settembre l’organizzazione è partita con una sua nave, la “Vos Hestia”, per salvare quante più vite possibili. Qui oltre i nuclei di soccorso presenti in tutte le altre imbarcazioni, ci sono degli esperti in protezione per l’infanzia e degli spazi che servono proprio ai bambini per ricevere immediato sostegno subito dopo il primo soccorso.
Dott.ssa Di Benedetto, quali paesi sono maggiormente interessati all’emigrazione di bambini soli?
Secondo i dati del Ministero dell’Interno, alla fine di ottobre le principali nazionalità di provenienza dei minori non accompagnati, nell’ordine, sono Eritrea, Gambia, Nigeria, Egitto, Guinea, Somalia, Costa d’Avorio e altri paesi dell’Africa Sub-Sahariana. L’età media dei minori che arrivano soli è compresa tra i 15 e i 17 anni, ma non di rado capita agli sbarchi di vedere bambini di 11, 10 anche 9 anni che hanno fatto il viaggio senza alcuna figura adulta di riferimento. Per esempio circa un mese fa sono arrivati soli 4 fratelli dei quali il più grande aveva 10 anni e la più piccola 2 anni; oppure come è capitato a Palermo la scorsa settimana, sono sbarcati senza nessuno vicino, 3 bambini piccoli provenienti dal Camerun, rispettivamente due fratellini di 4 anni e 1 anno e un bimbo di 5 mesi, che avevano perso le mamme durante il viaggio.
Solitamente i bimbi provenienti dalle zone di conflitto, vedi Siria e Iraq vengono con le famiglie?
Sono molto pochi i siriani arrivati quest’anno in Italia, solo casi sporadici. Invece fino all’agosto dello scorso anno c’era un forte flusso di famiglie provenienti dai paesi in guerra in Medioriente, che avevano al seguito molti bambini. Il mancato arrivo delle famiglie siriane ha contribuito a ridurre drasticamente il numero dei minori in nucleo familiare quest’anno ad appena 3 mila.
Qual è l’iter una volta che un bambino/adolescente ha messo piede a terra? Si fanno dei riconoscimenti? Sono previsti anche per i bambini più piccoli? Se si di che tipo?
La procedura di foto segnalamento (rilascio delle impronte digitali) è prevista solo per le persone dai 14 anni in su; tutti vengono però pre-identificati (vengono fotografati e rilasciano i propri dati) e poi trasferiti in strutture di prima accoglienza per minori non accompagnati, dove dovrebbero rimanere al massimo tre mesi. In realtà ci stanno molto di più perché, visto l’alto numero di minori arrivati; non è facile trovare i posti in strutture di seconda accoglienza idonee. Attualmente non esiste nessun sistema nazionale di accoglienza e protezione per minori non accompagnati e non esiste alcun provvedimento di attribuzione unico dell’età.
Se sono senza documenti e affermano di voler andare in un altro stato per ricongiungersi con parenti, come si verifica la parentela?
Innanzitutto si prova a farsi mandare i documenti dai loro familiari, ma non sempre questo è possibile. Una parte di coloro che giungono in Italia, per esempio gli eritrei, non vogliono restare nel nostro paese per raggiungere i membri delle loro famiglie in altri paesi del Nord Europa e non vogliono attendere i tempi legali lunghi per il ricongiungimento; ciò li trasforma nei cosiddetti “transitanti”: ossia cercano di raggiungere in modo autonomo il paese di arrivo effettivo e per far ciò spesso si rimettono nelle mani dei trafficanti.
Dunque una via legale quanto può essere lunga, quanto può durare?
Mesi e mesi…
E’ capitato quindi che qualcuno appena messo piede a terra fuggisse subito?
Con i minori eritrei capita quasi sempre, è difficilissimo il contrario, che qualcuno attenda e decida di fare il ricongiungimento legale. Quando si rendono irreperibili dalle strutture di accoglienza dove sono stati trasferiti ‘scompaiono’ dal sistema. All’inizio dell’anno l’Europol ha lanciato l’allarme per 10.000 minori scomparsi. Sono i più vulnerabili. Non significa che siano finiti necessariamente nelle mani della criminalità organizzata, ma sono fortemente a rischio di divenire vittime di abusi e sfruttamenti. In genere li intercettiamo nelle seconde città di sbarco come Roma, Milano e Torino accogliendoli nelle nostre strutture diurne, “Civico Zero”, o nel centro notturno di Roma “A28”, gestito in partnership con Intersos, dedicato ai minori transitanti non accompagnati , aperto dalle 22 alle 9 di mattina dove si offre loro accoglienza e assistenza. Questi ragazzi non vogliono stare nel sistema formale perché il loro obiettivo è andare in altri paesi europei.
Chi monitora la ricerca quando un bambino fugge?
I bambini sono liberi di muoversi, non sono prigionieri. Quando li incontriamo agli sbarchi o nelle strutture di prima accoglienza spieghiamo loro i rischi a cui vanno incontro muovendosi da soli e i vantaggi che possono ottenere rimanendo all’interno del sistema formale. Grazie alle nostre unità mobili presenti a Roma, Milano e Torino, questi minori in transito che di fatto non vogliono restare in Italia, possono ricevere assistenza, supporto, ristoro. Nel centro A28 diamo la possibilità ai transitanti di non dormire per strada, nei centri ‘Civico Zero’ di farsi la doccia, di avere supporto legale, di seguire laboratori linguistici e non solo. Cerchiamo di rafforzare la consapevolezza dei minori rispetto ai rischi a cui vanno incontro se escono dalle vie formali di accoglienza e di fornire loro protezione e assistenza.
Può capitare che un bambino/adolescente dichiari di volere andare da alcune persone a lui vicine, ma in realtà queste sono parte di un’organizzazione criminale con origine ben congegnata nel paese di partenza, che ha messo in piedi un giro di sfruttamento nel paese di arrivo con dei prestanome dalla facciata pulita e che punti al reclutamento per loschi affari?
Non c’è dubbio che esistano delle reti di sfruttamento e di tratta, che a volte partono direttamente dai paesi di origine. I minori non accompagnati sono particolarmente vulnerabili e a rischio di finire vittime di abusi, violenze, sfruttamento, anche nel nostro paese. Per esempio gli egiziani sono il gruppo più esposto allo sfruttamento lavorativo. È importante che questi ragazzi trovino punti di riferimento affidabili per decidere del loro futuro: per questo motivo, oltre alle nostre attività di protezione dei minori migranti in frontiera Sud, a Roma, Milano e Torino, abbiamo attivato un nuovo servizio di helpline dedicato ai minori migranti, un numero gratuito che risponde in sei lingue, fornendo orientamento legale e psicologico, e che vuole essere un punto di riferimento per tutti i minori che possono trovarsi in situazioni di rischio e per tutti coloro che vogliono aiutarli.
Egiziani?
Si. Da anni monitoriamo questo fenomeno. I minori egiziani, a volte anche piccoli, spesso vengono inviati dai genitori per lavorare al fine di ripagare il debito contratto dalle famiglie con i trafficanti.
E’ possibile che un bambino/adolescente già solo e privo sicuramente di documenti in patria venga rapito/arruolato, messo su un camion e su una barca con ordine di destinazione precisa?
I giovani che arrivano in Italia hanno tutti una storia molto difficile alle spalle. Hanno affrontato un viaggio lungo e pericoloso, attraverso il deserto, la Libia, il Mediterraneo. Sono stati imprigionati o rinchiusi in centri di detenzione, hanno conosciuto violenza, torture, privazione del cibo e dell’acqua, hanno visto morire persone care, hanno rischiato la vita loro stessi.
L’Impegno dell’Europa?
L’Europa fino ad ora non ha supportato i minori migranti come avrebbe dovuto, nel senso che le necessità dei minori non hanno trovato la giusta attenzione e il giusto ascolto. I minori costituiscono il 36% dei richiedenti asilo in Europa però le misure intraprese per assicurare la protezione dei più piccoli sono assolutamente insufficienti. Si chiede quindi che vengano garantite vie sicure e legali in modo da raggiungere l’Europa evitando di mettersi nelle mani di trafficanti e in questo contesto chiediamo il rispetto della direttiva sul ricongiungimento familiare che è una possibilità che dovrebbe essere concessa al minore già dal momento in cui mette piede nel paese europeo d’arrivo. Inoltre i bambini soli dovrebbero avere la priorità nei ricollocamenti all’interno dell’Unione Europea mentre questo sappiamo non essere un meccanismo ancora avviato e che mantiene dei fortissimi ritardi.
Se l’Europa non ha il controllo dei flussi migratori in generale, ancor meno lo ha sui bambini migranti e se un fenomeno non è governato e controllato vuol dire che quasi sempre è nelle mani di miserabili trafficanti che ci guadagnano. Inoltre se non è l’Europa o non sono i singoli stati a fare accordi con i paesi di origine dei viaggi della disperazione, allora saranno le reti criminali sul nostro territorio a farli con le “mafie” locali. Perciò la politica estera occidentale degli ultimi anni ha causato dei danni terribili.
La scommessa è tracciare la mappa di tali legami internazionali.