di Avv. Faenza Tina Fortunata

La ratio del sequestro preventivo, quale misura cautelare,  è quella di apporre un vincolo di indisponibilità sul bene mobile o immobile, al fine di interrompere l’aggravamento o il protrarsi delle conseguenze di un reato ovvero la commissione di altri reati.

Contro il decreto che dispone il sequestro è possibile, ai sensi dell’art. 324 del c.p.p., proporre riesame entro il termine di dieci giorni dalla data di esecuzione del sequestro stesso  o dalla diversa data in cui l’interessato ne abbia avuto conoscenza.

Seppur il dettato normativo appaia chiaro ed esaustivo, la giurisprudenza più volte è stata chiamata a disquisire su quale sia il momento dal quale far partire il termine perentorio dei dieci giorni, senza violare la regola generale, sancita dall’articolo 568, comma 4, e dall’art. 591, comma 1 lettera a) del Cod.proc.pen., in virtù della quale “per proporre impugnazione è necessario avervi interesse”.

La Corte di Cassazione, con la Sentenza 3 aprile 2017 n. 16535, rigettando il ricorso di un uomo originario del Marocco contro un decreto di sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Milano, a fini di confisca per equivalente, nell’ambito di un procedimento per corruzione internazionale, dichiarava  inammissibile la richiesta di riesame avverso il predetto decreto non ancora eseguito, essendo stato trasmesso, con richiesta di assistenza giudiziaria, all’Ambasciata d’Italia in Libano per il successivo inoltro all’Autorità Giudiziaria di tale Paese ai fini dell’esecuzione, in quanto in tale situazione “non poteva ancora ravvisarsi un interesse concreto e attuale a proporre impugnazione”.

Per la Suprema Corte il dato normativo (art. 324 del c.p.p.), era inequivoco nell’ancorare il dies a quo a partire dal quale poteva essere azionato il mezzo impugnatorio alla “data di esecuzione del provvedimento che disponeva il sequestro”, individuando quale primo momento utile per proporre impugnazione “l’esecuzione effettiva del vincolo reale“.

A sostegno di ciò, nel richiamare la predetta regola generale dell’articolo 568, comma 4, e 591, comma 1 lettera a) del C.p.p., per la quale “per proporre impugnazione è necessario avervi interesse“, veniva sottolineato come tale interesse poteva stimarsi sussistente soltanto allorquando, dall’ipotetica decisione favorevole, potesse discendere un vantaggio concreto per il ricorrente – cioè la rimozione di un pregiudizio effettivo che la parte asseriva di aver subito con il provvedimento impugnato – e l’utilità ad ottenere tale vantaggio persistesse sino al momento della decisione.

Assolutamente divergente appare l’orientamento della Terza Sezione della Corte di Cassazione che, con la recente Sentenza dell’8 novembre 2021 n. 40069,  interviene per ribadire un principio già espresso in precedenza, ma evidentemente rimasto più volte inapplicato dal giudice di merito, in virtù del quale, al fine di individuare il dies a quo per l’impugnazione del decreto di sequestro preventivo, occorre avere riguardo ad un criterio fattuale, piuttosto che formale.

Ed infatti, il Supremo Consesso già in un precedente arresto (Sentenza n. 14772 del 16/03/2018), affrontando il caso di un sequestro  di  somme  depositate  in conto  corrente, aveva pacificamente affermato che la conoscenza derivata all’interessato dalla ricezione di  un telegramma speditogli dalla banca, nel quale erano indicati  tutti  gli  estremi  del  provvedimento  giudiziario  e del conseguente blocco del conto, era da reputare idonea a dar luogo alla decorrenza del termine  in  questione.

Anche il caso di specie al recente vaglio della Terza Sezione ha riguardato il sequestro di somme  di danaro  in giacenza  sui conti  correnti, per i quali gli Istituti di credito, prima ancora della formale esecuzione del provvedimento cautelare, avevano già disposto il blocco, su richiesta della Guardia di Finanza. Il sequestro era stato  notificato  all’indagato in data  13.5.2021  e, a decorrere dalla  stessa  data,  gli Istituti   di credito  avevano  bloccato  i  suoi conti correnti anche se  la misura cautelare  veniva   materialmente   eseguita   solo   il successivo 27 maggio  2021.

A giudizio degli Ermellini, il blocco dell’operatività  dei   conti  correnti  aveva  dato esecuzione anticipata  al sequestro non  ancora formalmente eseguito,  producendo degli effetti in concreto parificabili a quelli derivanti dall’esecuzione del provvedimento giudiziario, risultando le somme in giacenza, ancorchè  presenti, non più disponibili da parte dell’indagato che ne era il titolare e, in capo al quale, hanno riconosciuto un interesse concreto ed attuale ad impugnare il provvedimento, al fine di rimuovere la situazione di svantaggio processuale procurata dalla esecuzione anticipata del sequestro.

Secondo la Suprema Corte, “già al  momento   della  presentazione  dell’impugnativa, seppur antecedente all’effettiva esecuzione del provvedimento cautelare,  l’interesse   richiesto dall’art.    568,   quarto    comma   cod.    proc.   pen.   era   caratterizzato   dai   requisiti dell’attualità   e  della  concretezza,  volti  ad  evidenziare  come  l’istanza   devoluta   ai giudici  del riesame  fosse  concretamente  idonea  a  rimuovere   l’effettivo   pregiudizio che il ricorrente   asserisce  di aver  subito  con il  provvedimento  avversato”.

Pertanto, stando alla richiamata giurisprudenza dalla quale non si discosta la recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sent. n. 40069/2021), qualora il soggetto destinatario del sequestro venga a conoscenza del vincolo, prima della formale esecuzione, potrà certamente avanzare istanza di riesame ex art. 324 c.p.p., poichè ai fini della decorrenza del termine previsto per la proposizione, la conoscenza dell’avvenuto sequestro non è soltanto quella realizzabile tramite i mezzi formali previsti dalla legge processuale, ma anche quella che di fatto deriva dall’attivazione di altri strumenti idonei a rendere edotto il destinatario dell’ esistenza del provvedimento cautelare.