di Eugenio Mero
Abstract
L’articolo in rassegna si pone l’obiettivo di fornire una panoramica, il più possibile completa, sulla normativa relativa al Reddito di Cittadinanza. In particolare, vengono sinteticamente descritti i requisiti previsti dal D.L. n. 4/2019 ai fini della fruizione del contributo sociale in argomento: cittadinanza, residenza, soggiorno, reddito e patrimonio.
Vengono forniti, inoltre, i lineamenti essenziali atti a definire le sanzioni amministrative e penali introdotte dal D.L. n. 4/2019, con riferimento sia ai reati ex art. 7 (sottolineando le differenze tra le fattispecie delittuose di cui ai commi 1 e 2), sia alle sanzioni di revoca e decadenza emesse direttamente dall’INPS, nonché alla sospensione ad appannaggio dell’Autorità Giudiziaria inquirente.
Inoltre, sono affrontate le principali problematiche normative oggetto dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, ancora piuttosto rari, essenzialmente concentrati su argomenti sui quali è stato sollevato il vaglio di legittimità costituzionale, con riferimento sia al requisito residenziale, previsto dall’art. 2 co. 1 del D.L. n. 4/2019, sia alla sanzione amministrativa della sospensione prevista dall’art. 7 ter.
Sono sinteticamente riportati, infine, gli orientamenti espressi dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Campania che non riconosce la funzione pubblicistica al contributo oggetto di analisi.
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The reviewed article aims to provide an overview, as complete as possible, about the legislation concerning the Citizen’s /Basic Income. In particular, are briefly described the requiremens provided by the D.L. n. 4/2019 for the purpose of fruition of the social contribution on topic: citizenship, residence, stay, earnings and net worth. Moreover, are provided the essential features aimed at defining the administrative and criminal penalties introduced by D.L. n 4/2019, referring both to the ex art. 7 (stressing the differences between the criminal case reffered to the 1st and 2nd subparagraph), and to the revocation and forfeiture penalties issued directly by INPS, as well as the suspension to the prerogative of the Judical Authority. Furthermore, are faced the main regulatory issues subject of the latest legal aspects, still somewhat rare, esssentially focused on topics on which has been raised the examination of constitutional legitimacy, in relation both to the residential requirements, foreseen in art. 2 co. 1 of D.L. n. 4/2019, both to the administrative penality of the suspension provided for in art. 7 ter. Finally, are briefly reported the tendency expressed by the Jurisdictional Division of the Court of Auditors for Campania that doesn’t recognize th publicity function to the contribution object of analysis.
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- Elementi normativi di base
La Legge 28 marzo 2019, n. 26, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 75 del 29 marzo 20191, ha convertito, con modificazioni, il decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, con il quale è stato istituito il Reddito di cittadinanza (di seguito, Rdc), quale “misura di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale“2.
Il Rdc prende la denominazione di Pensione di cittadinanza (di seguito, Pdc) nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi della speranza di vita)3 4.
a. Il concetto di nucleo familiare
La misura del reddito di cittadinanza trova come pietra angolare della normativa il concetto di nucleo familiare5, definito ai sensi dell’art. 3 del D. P. C. M. 5 dicembre 2013, n. 1596, come richiamato e integrato dall’art. 2, c. 5, del D.L. n. 4/2019.
Esso è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), tramite la quale tale informazione deve essere autodichiarata, tenendo conto delle seguenti regole e/o eccezioni7:
- i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione;
- qualora la separazione o il divorzio siano avvenuti successivamente al 1° settembre 2018, l’eventuale cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale8;
- i coniugi appartengono allo stesso nucleo familiare, anche se aventi diversa residenza anagrafica, ad eccezione dei casi di separazione, cessazione degli effetti civili del matrimonio, decadenza dalla potestà genitoriale, provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare, abbandono del coniuge accertato giudizialmente9;
- fa parte del nucleo familiare anche il coniuge iscritto nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE), poiché, ai fini ISEE, viene attratto nel nucleo dell’altro coniuge10;
- il figlio maggiorenne non convivente con i genitori rientra nel nucleo familiare dei genitori esclusivamente quando è di età inferiore a 26 anni, è nella condizione di essere a loro carico a fini IRPEF, non è coniugato e non ha figli. Pertanto, il figlio maggiorenne che:
- conviva con uno o entrambi i genitori, è parte del nucleo familiare del genitore/dei genitori con il quale/con i quali convive;
- non conviva con alcuno dei genitori e non sia a loro carico ai fini IRPEF, fa parte di un nucleo diverso da quello dei genitori;
- non conviva con alcuno dei genitori, ma sia a loro carico ai fini IRPEF, non sia coniugato e sia senza figli, rientra del nucleo dei genitori solo se di età inferiore ai 26 anni;
- non conviva con alcuno dei genitori, sia a loro carico ai fini IRPEF, ma sia coniugato e/o abbia figli, fa parte di un nucleo diverso da quello dei genitori;
- i figli minori appartengono al nucleo familiare del genitore con il quale convivono, salvo alcuni casi particolari, concernenti i minori in affidamento11;
- i soggetti in convivenza anagrafica12, vale a dire che risiedono stabilmente in istituti religiosi, assistenziali o di cura, in caserme o in istituti di detenzione13, sono considerati nucleo familiare a sé, tranne l’ipotesi in cui siano coniugati o minorenni (non in affidamento), nel qual caso fanno parte del nucleo familiare, rispettivamente, del coniuge e del genitore con cui convivevano prima dell’ingresso in convivenza anagrafica;
- i componenti già facenti parte di un nucleo familiare come definito ai fini dell’ISEE, o del medesimo nucleo come definito ai fini anagrafici, continuano a farne parte ai fini dell’ISEE anche a seguito di variazioni anagrafiche, qualora continuino a risiedere nella medesima abitazione14.
b. Requisiti
Il Rdc15 è riconosciuto ai nuclei familiari in possesso, all’atto della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, di particolari requisiti di cittadinanza, residenza, soggiorno, reddituali e patrimoniali, relativi al godimento di beni durevoli.
Il componente richiedente il beneficio deve essere, in modo cumulativo16:
- in possesso della cittadinanza italiana o di Paesi facenti parte dell’Unione europea, ovvero suo familiare17, che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente18, ovvero cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo19;
- residente in Italia da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo.
I predetti requisiti devono essere autodichiarati.
La verifica della sussistenza dei requisiti di residenza e di soggiorno spetta ai Comuni, secondo modalità che saranno definite mediante accordo in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali20, i quali dovranno comunicarne l’esito all’INPS, tramite la piattaforma digitale destinata al coordinamento degli stessi Enti locali, operante nell’ambito del Sistema informativo del Rdc, istituito dall’art. 6, c. 1, del D.L. n. 4/201921.
Una specifica attenzione il legislatore l’ha riservata ai requisiti reddituali e patrimoniali che risultano particolarmente stringenti. In particolare, Il nucleo familiare22 deve possedere:
- un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), come definito ai sensi del D.P.C.M. n. 159/2013, inferiore a 9.360 euro. In sede di conversione, è stata aggiunta la previsione secondo la quale, nel caso di nuclei familiari con minorenni, l’ISEE è calcolato ai sensi dell’art. 7 del medesimo D.P.C.M. n. 159/2013, secondo cui il genitore non convivente nel nucleo familiare, non coniugato con l’altro genitore, che abbia riconosciuto il figlio, fa parte del nucleo familiare del figlio di quest’ultimo, a meno che non sia effettivamente assente dal nucleo stesso a causa del verificarsi di situazioni tassativamente indicate nel medesimo art. 723;
- un patrimonio immobiliare, in Italia e all’estero24, come definito ai fini ISEE25, diverso dalla casa di abitazione, di valore non superiore a 30.000 euro;
- un valore del patrimonio mobiliare26, come definito ai fini ISEE27, non superiore a 6.000 euro, incrementabile in ragione del numero dei componenti del nucleo familiare28;
- un reddito familiare inferiore a 6.000 euro, moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza29. La predetta soglia è incrementata a 7.560 euro ai fini dell’accesso alla Pdc e, in ogni caso, è incrementata a 9.360 euro, laddove il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione, come da DSU ai fini ISEE. Tale reddito è determinato secondo le regole previste dalla disciplina ISEE (ex art. 4, c. 2, del D.P.C.M. n. 159/2013), ma con talune correzioni indicate nell’art. 2, c. 6, del decreto in argomento30;
- requisiti definiti in relazione al godimento di beni durevoli, come segue:
- nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc, nonché motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti, fatti salvi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente;
- nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avere piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto31. Il requisito in parola va autodichiarato con la domanda di Rdc.
c. Presupposti di compatibilità
Oltre ai requisiti sopra descritti, è richiesto il possesso di presupposti di compatibilità inerenti alla sfera lavorativa e all’onorabilità del soggetto.
In particolare, per quanto riguarda la sfera lavorativa, ai sensi dell’art. 2, c. 3, del D.L. n. 4/2019, come modificato in sede di conversione, sono esclusi dal diritto al Rdc i nuclei familiari aventi tra i componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie, con riferimento ai dodici mesi successivi alla data delle dimissioni e fatte salve quelle per giusta causa32.
Deve, pertanto, intendersi escluso dalla possibilità di richiedere il Rdc colui che abbia presentato dimissioni volontarie, non per giusta causa33.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito chiarimenti sul diritto al RdC nel caso di dimissioni volontarie. In particolare, il citato Dicastero, con nota n. 1580 del 17 febbraio 2021, ha ritenuto che può avere diritto alla percezione del RdC:
- il disoccupato che, nei 12 mesi successivi alle dimissioni volontarie, ha avviato una nuova attività lavorativa ricevendo una retribuzione paro superiore alla precedente. Ne deriva che il RdC non può essere concesso qualora il lavoratore si trovi a percepire un reddito inferiore rispetto a quello precedentemente corrisposto;
- il componente del nucleo familiare disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, intervenute durante il periodo di prova, in considerazione della precarietà e della specialità che caratterizzano la disciplina di questa fase speciale del rapporto di lavoro, atteso che ciascuna delle parti, ai sensi dell’art. 2096 c.c., può recedere dal contratto senza obbligo di preavviso o d’indennità.
Invece, per quanto concerne l’aspetto dell’onorabilità, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera c-bis), è prevista la mancata sottoposizione a misura cautelare personale34 per il richiedente del beneficio, anche adottata all’esito di convalida dell’arresto o del fermo, nonché la mancanza di condanna definitiva, intervenuta nei 10 anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti di cui all’art. 7, c. 3, dello stesso D.L. n. 4/201935.
Nel caso in cui sia sottoposto a misura cautelare o condannato per taluno dei delitti di cui all’art. 7, c. 3, un componente del nucleo familiare del richiedente, secondo le modifiche apportate al provvedimento in sede di conversione, si opera una riduzione36 della scala di equivalenza tale da consentire di non tener conto di tale componente37, la cui presenza, in seno al nucleo familiare, risulta così “neutralizzata”.
La medesima riduzione del parametro di equivalenza di cui sopra opera laddove nel nucleo familiare vi siano soggetti in stato detentivo, ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali38.
Deve ritenersi, pertanto, parimenti escluso dalla possibilità di richiedere il beneficio colui che si trovi nelle predette condizioni.
2. Ammontare e durata del beneficio
Il Rdc comporta un beneficio economico39, distribuito su dodici mensilità:
- composto da un’integrazione del reddito familiare (definito ai sensi dell’art. 2, c. 6) fino alla soglia di 6.000 euro annui per un singolo (7.560 euro in caso di Pdc), riparametrata sulla base della composizione del nucleo familiare per mezzo della scala di equivalenza40;
- ulteriormente integrato, per i nuclei familiari residenti in abitazione in locazione, pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto di locazione (come dichiarato a fini ISEE), fino ad un massimo di 3.360 euro annui (1.800 euro se il nucleo risiede in casa di proprietà per la quale sia in corso di pagamento un mutuo);
- pari, nel massimo, all’importo di 1.330 euro mensili, nel caso di nuclei familiari, senza reddito, costituiti da 6 o più componenti, di cui due maggiorenni, residenti in abitazione in locazione41.
Il beneficio, la cui corresponsione decorre dal mese successivo a quello della domanda, è corrisposto per un periodo continuativo non superiore a diciotto mesi (ovviamente, sul presupposto che permangano i requisiti previsti per la sua concessione), decorsi i quali può essere rinnovato, previa sospensione di un mese42.
3. Sanzioni
L’art. 7 del D.L. n. 4/2019 prevede sanzioni penali, per l’indebita percezione del Rdc, nonché cause di decadenza, revoca o riduzione del medesimo.
L’irrogazione delle sanzioni diverse da quelle penali e il recupero dell’indebito sono effettuati dall’INPS.
a. Sanzioni penali
L’art. 7, c. 1, del provvedimento introduce un reato comune che richiede un dolo specifico. La condotta può consistere, alternativamente:
- nel rendere (ovvero rilasciare, presentare, consegnare, fornire) dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere;
- nell’utilizzo di tali dichiarazioni o documenti;
- nell’omissione di informazioni dovute.
La previsione di cui all’art. 7, c. 2, del decreto sanziona l’omessa comunicazione delle variazioni, nel caso in cui esse siano “rilevanti”, cioè tali da comportare la revoca o la riduzione del beneficio.
Il riferimento all’ipotesi in cui le variazioni del reddito o del patrimonio provengano da attività irregolari è da ritenersi riconducibile allo scopo di sanzionare l’omissione in parola, a prescindere dalla fonte che abbia originato tale variazione, purché l’ammontare della stessa sia stato tale da comportare, ove correttamente comunicato, la riduzione o il venir meno del beneficio.
In tale ambito, risultano di rilievo le note emanate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 8 del 25/07/2019 e n.7964 dell’11/09/2019 che pongono l’attenzione sul beneficiario o richiedente sorpreso a lavorare “in nero”.
In particolare, vengono definiti distintamente comportamenti collegati al lavoro sommerso che vanno ad integrare le fattispecie criminose di cui all’art. 7, commi 1 e 2.
Nello specifico si sottolinea che:
- “il reato di cui al comma 1 si configurerà nei casi in cui l’attività lavorativa in nero sia stata intrapresa precedentemente all’istanza di RdC ed il compenso percepito sia stato omesso all’atto di presentazione della domanda”. Tale onere di comunicazione è a carico del richiedente anche qualora non coincida con il lavoratore in “nero”43;
- l’ipotesi di reato di cui al comma 2 riguarda un momento successivo alla concessione del beneficio e si sostanzia nell’omessa comunicazione del reddito percepito che avrebbe potuto comportare la riduzione o il venir meno del contributo. L’onere di comunicazione, in questo caso, è in carico al solo lavoratore in “nero” e non in capo al richiedente.
Infine, viene ricordato che l’art. 7, comma 15 bis, prevede l’applicazione dell’aumento del 20% degli importi della c.d. maxisanzione, prevista dall’art. 3, comma 3 quater, D. L. n. 12/2002, anche in caso di impego di lavoratori beneficiari del RdC, seppure non corrispondenti al richiedente.
b. Decadenza del beneficio
Il provvedimento prevede le seguenti cause di decadenza (non retroattiva) dal beneficio:
- mancata effettuazione della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro44 e mancata sottoscrizione del Patto per il lavoro ovvero del Patto per l’inclusione sociale;
- mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o alle altre iniziative di politica attiva a favore dell’occupazione, compresa la mancata adesione ai progetti a titolarità dei Comuni;
- mancata accettazione di tre offerte di lavoro congrue ovvero, in caso di rinnovo del beneficio dopo i primi diciotto mesi, mancata accettazione della prima offerta di lavoro congrua utile;
- individuazione di uno dei componenti il nucleo familiare, nel corso di attività ispettive svolte dalle Autorità, intento a svolgere45 attività di lavoro dipendente, di collaborazione coordinata e continuativa, di lavoro autonomo o di impresa in assenza, rispettivamente:
- delle comunicazioni obbligatorie che l’art. 9-bis del D.L. 510/1996 impone ai datori di lavoro, pubblici e privati46;
- delle comunicazioni che l’art. 3, c. 9, del decreto in esame prevede all’avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, svolta sia in forma individuale che di partecipazione;
- omessa comunicazione di informazioni rilevanti47 ai fini della corretta quantificazione del beneficio spettante al nucleo familiare, compresa la variazione della sua composizione;
- presentazione di una dichiarazione mendace in sede di DSU o di altra dichiarazione nell’ambito della procedura di richiesta del beneficio ovvero omessa presentazione delle prescritte comunicazioni di variazione48, laddove il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico in misura superiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato. In tal caso si procede, altresì, al recupero di quanto percepito in eccesso.
c. Revoca del beneficio
La norma contempla le seguenti cause di revoca (con efficacia retroattiva e obbligo di restituzione delle somme percepite) del Rdc:
- condanna (ovvero sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti) in via definitiva per le fattispecie penali sub a., nonché per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (di cui all’articolo 640-bis c.p.);
- condanna (ovvero sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti) in via definitiva, per i reati di associazione con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico (art. 270-bis c.p.), attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.), sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione (art. 289-bis c.p.), associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), scambio elettorale politico mafioso (art. 416-ter c.p.), strage (art. 422 c.p.), ovvero per i delitti compiuti avvalendosi delle condizioni previste dal 416-bis o al fine di agevolare l’attività di tali associazioni49;
- accertamento della non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento della domanda ovvero omessa comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare;
- comunicazione, da parte delle amministrazioni competenti alla verifica della sussistenza di tutti i requisiti diversi da quelli economici, della perdita di possesso degli stessi (cfr. art. 5, c. 5).
d. Sospensione del beneficio
L’art. 7 ter disciplina la sospensione dell’erogazione del RdC o della PdC a seguito di specifici provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Penale.
In particolare, secondo il primo comma, l’erogazione è sospesa se il beneficiario o il richiedente sia:
- destinatario di una misura cautelare personale;
- stato condannato con sentenza non definitiva per uno dei reati previsti dall’ art. 7, comma 3;
- latitante, ai sensi dell’art. 296 c.p.p., o si sia sottratto volontariamente all’esecuzione di una pena.
Il comma 2 specifica che la sospensione del beneficio debba essere pronunciata dal giudice che ha adottato il provvedimento penale. Essa, tuttavia, non ha effetto retroattivo e non comporta la restituzione di quanto percepito prima dell’emanazione del provvedimento.
Il terzo comma individua il momento in cui deve essere richiesto al soggetto se è beneficiario o meno del RdC, ossia nel primo atto al quale assiste l’indagato o l’imputato. In caso di risposta affermativa, è la stessa Autorità Giudiziaria a comunicare entro 15 giorni la sospensione all’INPS.
In modo complementare, è disciplinata l’ipotesi di revoca della sospensione che è disposta dall’Autorità Giudiziaria qualora mutino le condizioni che hanno consentito l’emissione del provvedimento.
4. Evoluzioni giurisprudenziali
Il Reddito di Cittadinanza è un contributo statale, come sopra detto, di recente istituzione e per tale motivazione, gli orientamenti giurisprudenziali risultano piuttosto rari e si concentrano sugli elementi più critici della normativa. Inoltre, le note esplicative emesse da diversi enti statali permettono di avere una corretta interpretazione della normativa.
- False comunicazioni e applicabilità del sequestro preventivo
Particolare interesse merita la sentenza nr. 5289/2020 della Cassazione – III sezione penale che pone due punti fermi:
- sono reato le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, dei dati dichiarati, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni reddituali per l’ammissione al beneficio;
- è legittimo il sequestro ex art. 321, co. 2, c.p.p. della carta POSTAMAT RDC, nel caso di false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, da parte del richiedente, e ciò indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva sussistenza delle condizioni per l’ammissione al beneficio. 50
Inoltre, la sentenza in esame risulta d’interesse perché viene definita la natura delle fattispecie delittuose previste dall’art. 7 commi 1 e 2, del D.L. nr. 4 del 2019, nei seguenti termini:
- si configurano come reati di condotta e di pericolo in quanto dirette a tutelare l’amministrazione statale contro informazioni mendaci o omissioni circa l’effettiva situazione patrimoniale e reddituale da parte dei soggetti che intendono accedere o hanno già acceduto al RDC;
- si distinguono in ordine all’elemento psicologico, in quanto, per l’ipotesi di reato di cui al comma 1, è richiesto il dolo specifico.
- Questione di costituzionalità dell’art. 2, co. 1, D.L. n. 4/2019
In data 13 gennaio 2020 veniva depositato ricorso presso il Tribunale di Bergamo perché fosse accertato il carattere discriminatorio del comportamento dell’INPS che aveva dichiarato inammissibile la presentazione “cartacea” della domanda di accesso al Rdc da parte di una cittadina straniera non titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o titolare di protezione internazionale, ma che possedeva tutti gli altri requisiti previsti dal D.L. n. 4/2019 per accedere al contributo statale.
Inoltre, veniva richiesta la remissione della questione di costituzionalità dell’art. 2, co. 1, D.L. n. 4/2019 nella parte in cui esclude dalla prestazione del Rdc i titolari di permesso unico di lavoro ex D.lgs. n. 40/2014 e di permesso di soggiorno ex art. 41 D.lgs. n. 286/1998.
Il tribunale di Bergamo ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, co. 1, lett. a), D.L. n. 4/2019, in relazione agli artt. 2, 3, 31, 38 e 117, co. 1, Cost., nella parte in cui esclude dalla prestazione del reddito di cittadinanza i titolari dei permessi di soggiorno e di lavoro sopra citati, rimettendo la questione di legittimità alla Corte Costituzionale. 51 Ad oggi la Suprema Corte non si è ancora espressa.
La questione di legittimità depositata all’inizio del 2020 è stata ripresa dall’ASGI52 ed altri che, in data 19 novembre 2020, hanno depositato una denuncia presso la Commissione Europea richiedendo l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia in relazione al requisito di residenza decennale in Italia. In particolare, le associazioni giuridiche firmatarie della denuncia hanno sottolineato che sono esclusi dal beneficio del Reddito di Cittadinanza un gran numero di stranieri a causa sia del requisito di possesso del permesso unico di lavoro ex D.lgs. n. 40/2014 o del permesso di soggiorno ex art. 41 D.lgs. n. 286/1998, sia della prevista residenza decennale sul territorio nazionale. Quest’ultimo presupposto apparrebbe in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, secondo la quale questo requisito residenziale così elevato risulta contrastare con la libera circolazione dei cittadini europei tra gli Stati dell’Unione.
Il requisito della residenza è stato oggetto anche di chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali53 i quali hanno definitivamente sancito di considerare la residenza effettiva in luogo di quella anagrafica che risulta essere una mera presunzione. Per fare questo, i richiedenti il beneficio in argomento hanno la possibilità di dimostrare “mediante oggettivi ed univoci elementi di riscontro54” la loro residenza effettiva.
- Reddito di cittadinanza: competenza anche della Corte dei Conti?
La competenza della Magistratura contabile sul contributo statale in argomento risulta ancora dubbia, in quanto la giurisprudenza in merito è ancora estremamente scarsa. Ad oggi, solo la Procura regionale della Corte dei conti per la Campania ha introdotto una serie di atti di citazione tesi al risarcimento del danno patito dall’Erario, a seguito dell’illecita percezione del Reddito di Cittadinanza55.
La casistica è piuttosto varia. Le principali citazioni, tuttavia, hanno riguardato situazioni in cui veniva accertato che il richiedente o un componente del nucleo familiare, in data successiva alla domanda, avevano intrapreso un’attività lavorativa; nella fattispecie, il richiedente aveva violato l’obbligo della corretta comunicazione della variazione della propria condizione reddituale all’ente erogatore del contributo, anche se derivante da attività irregolare. Altra situazione si fondava sulla percezione del contributo in assenza dei requisiti ab origine, poiché la richiedente, nella dichiarazione sostitutiva a base dell’istanza, aveva falsamente indicato di essere separata, escludendo, in tal modo, il proprio marito dal nucleo familiare.
Il Requirente, nel richiamare la disciplina contenuta nel più volte citato decreto legge, ha escluso il carattere puramente assistenziale del contributo ed ha sostenuto il carattere di pubblico interesse dello stesso, poiché finalizzato al progressivo inserimento dei destinatari nel mondo del lavoro.
Secondo quanto sostenuto dalla Procura, il contributo avrebbe la finalità di “offrire un adeguato, seppur temporaneo, sostegno economico a soggetti che versano in condizioni particolari, ritenute dalla legge necessarie per l’ottenimento e il mantenimento del medesimo, allo scopo finale di indurre i beneficiari ad assumere concrete iniziative mirate al loro inserimento nel mondo del lavoro“56.
Tale obiettivo, del tutto simile a quello della concessione di contributi comunitari finalizzati allo sviluppo occupazionale, sarebbe ostacolato dal comportamento di chi, pur avendo assunto una obbligazione pattizia, sottrae risorse pubbliche a soggetti che ne avrebbero diritto. La Sezione giurisdizionale adita, nel richiamare l’ordinanza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 4511 del 1° marzo 2006, ha sostenuto l’insufficienza, ai fini della dichiarazione della giurisdizione contabile, della natura pubblica delle risorse, occorrendo, altresì, che il convenuto sia chiamato a gestire le somme ricevute, seguendo un programma imposto dall’ente erogatore o che vi sia “una relazione con la pubblica amministrazione, caratterizzata per il tratto di investire un soggetto, altrimenti estraneo all’amministrazione, del compito di porre in essere in sua vece un’attività”57.
Sulla base della normativa di riferimento e della giurisprudenza della Suprema Corte, la Sezione giurisdizionale per la Campania ha riconosciuto il percettore del Reddito di Cittadinanza come un mero destinatario di risorse pubbliche, prive di vincolo di destinazione, negando, così, la funzione tesa alla realizzazione un obiettivo in luogo della pubblica amministrazione, in quanto il dettato normativo non prevede particolari modalità di impiego del contributo ricevuto, a differenza di quanto avviene in relazione ai contributi comunitari orientati alla realizzazione di finalità di sviluppo dell’occupazione.
Il Collegio, pertanto, fatta salva la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di dirigenti e funzionari inadempienti, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione non proceda al recupero del contributo erogato, causandone la perdita, ha ritenuto che la competenza a giudicare sulla materia spetti all’Autorità Giudiziaria Ordinaria.
Va aggiunto, infine, che le sentenze non sono ancora definitive, non essendo decorso il termine lungo per la proposizione dell’appello.
- Art. 7 ter: la sospensione del beneficio in caso di condanna o applicazione di misura cautelare
Come già descritto sopra, l’art. 7 ter disciplina la sospensione dell’erogazione dell’RdC o del PdC a seguito di specifici provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria penale.
Su tale articolo pendeva una questione di legittimità costituzionale sollevata, in data 6 settembre 2019, dal Tribunale di Palermo con specifico riguardo all’art. 7 ter, comma 1, L. n. 26/2019, rispetto all’art. 3 della Costituzione “nella parte in cui prevede che la sospensione dell’erogazione del beneficio di cui all’art. 1 della medesima legge sia disposta nei confronti del beneficiario o del richiedente cui è applicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito di arresto o del fermo, per taluni delitti indicati all’art. 7, comma 3” 58 59.
Il Giudice di Palermo osserva che l’interpretazione letterale della disposizione di cui all’art. 7 ter, co. 1, è nel senso che l’erogazione dell’RdC o del PdC è sospesa nei confronti del richiedente o del beneficiario cui è stata applicata una misura cautelare di qualsiasi tipo e per qualsiasi reato che ne consente l’applicazione, oppure nei confronti del richiedente o del beneficiario che è stato condannato, con sentenza non definitiva, solo per taluno dei delitti indicati all’art. 7, co. 3, della legge.
Con una tale interpretazione, si avrebbe che:
- nei confronti di un soggetto cui è stata applicata una misura cautelare per un reato che non rientra tra qui ex art. 7, comma 3, deve essere applicata la sospensione dell’erogazione del reddito o della pensione di cittadinanza;
- nei confronti di un soggetto che per il medesimo reato è stato condannato con sentenza non definitiva, non sarà sospesa l’erogazione del predetto beneficio. 60
Si ha, dunque, che un soggetto sottoposto a misura cautelare per i reati non indicati nell’art. 7, comma 3, non beneficia del RdC o della PdC, perché l’erogazione del beneficio gli è stata sospesa. Invece, un soggetto condannato in via definitiva per i reati non indicati dall’art. 7, comma 3, beneficia senza problemi del RdC o della PdC.
In data 21 maggio 2021, con la sentenza n. 126, la Corte Costituzionale ha sancito la sospensione dell’erogazione del RdC nei confronti del beneficiario o del richiedente a cui è applicata la misura cautelare personale, ritenendo infondata la questione di legittimità, escludendo la violazione dell’art. 3 Cost. perché non è irragionevole che il Rdc, sospeso in caso di misura cautelare personale, possa poi tornare ad essere erogato in caso di condanna definitiva61.
- L’inapplicabilità degli effetti dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ex art. 28, n. 5 C.P. al Reddito di Cittadinanza
Il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali62, su richiesta della Direzione Provinciale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale di Agrigento, ha ritenuto inapplicabile il disposto di cui all’art. 28, comma 2, n. 5 c.p63 alla legislazione in materia di RdC, basandosi sul presupposto che “l’interpretazione strettamente letterale che va data alla menzionata norma penale non consente di assimilare la misura di sostegno in oggetto, del tutto peculiare ed innovativa, alla corresponsione di stipendi, pensioni e assegni a carico dello Stato” e che, quindi, “il Legislatore del 2019 ha espressamente circoscritto i casi nei quali la condanna per determinati reati assume rilievo ai fini della mancata concessione del beneficio, adottando due criteri: ilprimo, rappresentato dalla natura dei delitti per i quali si rileva la condanna definitiva, il secondo, di tipo temporale64“. In sintesi, ad avviso del Dicastero, nel disegnare i contorni del nuovo istituto, peraltro in maniera del tutto inedita65, la normativa di riferimento ha rigorosamente precisato i casi di natura eccezionale, in cui una condanna penale definitiva impedisca o faccia perdere il diritto alla prestazione, superando, quindi, con una valutazione specifica e derogatoria, quanto previsto, in via generale, dall’art. 28 c.p..
1 Entrata in vigore in data 30 marzo 2019.
2 Circolare INPS n. 100 del 5 luglio 2019.
3 La Pdc può essere concessa anche nei casi in cui il componente o i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza (cfr. allegato 3 D.P.C.M. n. 159/2013), di età inferiore al predetto requisito anagrafico.
4 Nota Reddito di Cittadinanza della Camera dei Deputati – Servizio studi del 22 marzo 2021.
5 Il comma 1-bis dell’art. 2 del D.L. n. 4/2019, inserito nel corso dell’iter parlamentare di conversione in legge, dispone che i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea – fatte salve le eccezioni di cui al successivo comma 1-ter, anch’esso inserito nel corso dell’iter parlamentare – debbano produrre, ai fini del conseguimento del Rdc, una certificazione, rilasciata dalla competente Autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare. La certificazione deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’Autorità consolare italiana (che ne attesta la conformità all’originale).
6 Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE). Cfr., al riguardo, anche il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 7 novembre 2014, le circolari INPS 18 dicembre 2014, n. 171, 25 luglio 2016, n. 137 e 20 marzo 2019, n. 43, il Decreto interministeriale 12 aprile 2017 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, di approvazione delle modifiche in sede di aggiornamento al modello tipo della DSU, nonché delle relative istruzioni per la compilazione.
7 Per effetto della previsione di cui all’art. 2, c. 5, del D.L. n. 4/2019, tali disposizioni si applicano anche alla richiesta di prestazioni sociali agevolate diverse dal Rdc.
8 Previsione effetto delle modifiche all’art. 2, c. 5, lett. a), intervenute in sede di conversione del D.L. n. 4/2019.
9 Purché non continuino a risiedere nella stessa abitazione [cfr. sub (1)].
11 Vi è, inoltre, la fattispecie concernente il caso del genitore non convivente con il nucleo familiare, non coniugato con l’altro genitore, che abbia riconosciuto il figlio, introdotta in sede di conversione, di cui al sub 1.d.(1).
12 Cfr. art. 5 del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
13 Ai sensi dell’art. 3, c. 13, del D.L. n. 4/2019, il parametro della scala equivalenza (cfr. nota 31), ai fini dell’importo del Rdc spettante, non tiene conto dei soggetti che si trovano in stato detentivo e di quelli ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali, circostanze, queste, che devono essere separatamente autodichiarate nella domanda di Rdc. Medesima riduzione del parametro della scala di equivalenza si ha nei casi in cui faccia parte del nucleo familiare un componente sottoposto a misura cautelare o condannato per taluno dei delitti di cui all’art. 7, c. 3, del D.L. n. 4/2019.
14 La disposizione, introdotta in fase di esame del D.L. n. 4/2019 alla Camera dei Deputati (cfr. art. 2, c. 5, lett. a-bis), è volta a evitare comportamenti opportunistici, prevedendo la permanenza nel medesimo nucleo familiare, qualora mantengano residenza nella medesima abitazione, non solo dei coniugi separati o divorziati, ma per qualsiasi soggetto precedentemente convivente, anche se abbiamo effettuato variazioni anagrafiche.
15 Ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, c. 2, i requisiti per l’accesso alla Pdc e le regole di definizione del relativo beneficio economico sono le medesime del Rdc (salvo dove diversamente specificato).
16 Come specificato in sede di conversione.
17 Per effetto delle modifiche all’art. 2, c. 1, lett. a), n. 1, introdotte in sede di conversione, deve applicarsi la definizione di “familiare” prevista dall’art. 2, c. 1, lett. b), del Decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.
18 Cfr. D.Lgs n. 30/2007.
19 La materia del soggiorno di lungo periodo degli stranieri provenienti da Paesi terzi è disciplinata dalla direttiva 2003/109/CE, recepita nell’ordinamento italiano dal D.Lgs. n. 3/2007 che ha novellato il testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998, artt. 9 e 9-bis).
20 Cfr. art. 5, c. 4, del D.L. n. 4/2019.
21 Cfr. art. 6, c. 6, del D.L. n. 4/2019.
22 Cfr. nota 9, in merito a quanto previsto a carico di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea dall’art. 2, c. 1-bis, del D.L. n. 4/2019.
23 Quando il genitore risulti coniugato con persona diversa dall’altro genitore, o risulti avere figli con persona diversa dall’altro genitore; quando, con provvedimento dell’autorità giudiziaria, sia stato stabilito il versamento di assegni periodici destinato al mantenimento dei figli; quando vi sia esclusione dalla potestà sui figli o sia stato adottato, ai sensi dell’articolo 333 del codice civile, il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare; quando risulti accertata, in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali, l’estraneità in termini di rapporti affettivi ed economici.
24 Cfr. art. 2, c. 1, lett. b), n. 2), come modificato nel corso dell’iter di conversione in legge.
25 Gli immobili sono considerati in base al valore definito ai fini IMU (per gli immobili posseduti in Italia) e ai fini IVIE (per quelli posseduti all’estero), al netto del mutuo residuo, quale definito al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della DSU. Il valore del patrimonio è quello determinato ai fini IMU, anche in caso di esenzione dal pagamento dell’imposta. I dati relativi al patrimonio immobiliare, del dichiarante e degli appartenenti al nucleo familiare, vengono autodichiarati nella DSU. Nella circostanza, occorre dichiarare quale, tra gli immobili, sia adibito ad abitazione del nucleo familiare, in quanto, anche ai fini ISEE, sono previste particolari modalità di valorizzazione della casa di abitazione.
26 Il patrimonio mobiliare di ciascun componente del nucleo è autocertificato in DSU.
27 Il patrimonio mobiliare, ai fini ISEE, è costituito dalle seguenti componenti, anche detenute all’estero: depositi e conti correnti bancari e postali; titoli di Stato ed equiparati, obbligazioni, certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi ed assimilati; azioni o quote di organismi di investimento collettivo di risparmio (O.I.C.R.) italiani o esteri; partecipazioni azionarie in società italiane ed estere quotate in mercati regolamentati; partecipazioni azionarie in società non quotate in mercati regolamentati e partecipazioni in società non azionarie; masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o beni non relativi all’impresa, affidate in gestione a un soggetto abilitato ai sensi del Decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415; altri strumenti e rapporti finanziari nonché contratti di assicurazione a capitalizzazione o mista sulla vita e di capitalizzazione; valore del patrimonio netto per le imprese individuali in contabilità ordinaria, ovvero valore delle rimanenze finali e del costo dei beni ammortizzabili per le imprese individuali in contabilità semplificata.
28 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino a un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo. I predetti massimali sono ulteriormente incrementati di 5.000 euro per ogni componente con disabilità e di 7.500 euro per ogni componente con disabilità grave o non autosufficiente, secondo le modifiche apportate in sede di conversione.
29 Ai sensi dell’art. 2, c. 4, del D.L. n. 4/2019, il parametro della “scala di equivalenza” è pari a 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino a un massimo di 2,1, ovvero sino a un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza, come definita ai fini ISEE. Il comma 13 dell’art. 3 indica, inoltre, ulteriori criteri, già richiamati nella precedente nota 14.
30 Il reddito, in sintesi, è al netto dei trattamenti assistenziali eventualmente inclusi nell’ISEE ed è comprensivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi (non correlate, in sostanza, alla condizione di reddito personale e familiare, come, ad esempio, l’indennità di accompagnamento).
31 Di cui all’art. 3, c. 1, del Decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171.
32 La circostanza deve essere autodichiarata nella domanda di Rdc.
33 Circolare INPS n. 100 del 5 luglio 2019.
34 Le misure cautelari personali (artt. 272-315 c.p.p.), coercitive (divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, allontanamento dalla casa familiare, divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, divieto o obbligo di dimora, arresti domiciliari, custodia cautelare in carcere e custodia cautelare in luogo di cura) e interdittive (sospensione dell’esercizio della potestà dei genitori, sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali), consistono in limitazioni della libertà personale disposte dal giudice nella fase delle indagini preliminari o nella fase processuale. La loro applicazione presuppone l’esistenza di due ordini di requisiti: gravi indizi di colpevolezza (art. 273, c. 1, c.p.p.) ed esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p..
35 Si tratta delle fattispecie delittuose introdotte ai commi 1 e 2 dell’art. 7 del D.L. n. 4/2019 (falsità per accedere al beneficio e omessa comunicazione della variazione del reddito, del patrimonio nonché di altre informazioni dovute e rilevanti), del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (di cui all’articolo 640-bis c.p.) e dei delitti di associazione con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico (art. 270-bis c.p.), attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.), sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione (art. 289-bis c.p.), associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), scambio elettorale politico mafioso (art. 416-ter), strage (art. 422 c.p.), nonché per i delitti compiuti avvalendosi delle condizioni attinenti alle associazioni mafiose ovvero al fine di agevolare l’attività di tali associazioni. Siffatti reati comportano, in caso di condanna definitiva, la sanzione accessoria della revoca degli eventuali ammortizzatori sociali erogati al condannato (ai sensi dell’art. 2, c. 58, della Legge 28 giugno 2012, n. 92).
36 Il parametro della scala di equivalenza non tiene conto di tali soggetti.
37 Cfr. art. 3, c. 13, secondo periodo, inserito in sede di conversione.
38 Cfr. art. 3, c. 13, primo periodo.
39 Cfr. art. 3.
40 Cfr. nota 31.
41 L’importo mensile potrà essere pari a 1.380 euro nel caso in cui il predetto nucleo familiare abbia uno o più componenti disabili. Ai sensi dell’art. 5, c. 7, del decreto, ai beneficiari del Rdc sono estese le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate (ex lege n. 266/2005) e quelle relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale, estese ai medesimi soggetti dal decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2.
42 Cfr. art. 3, commi 5 e 6. Il provvedimento, allo stato, non mette limiti al numero dei rinnovi possibili.
44 Ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero.
45 Cfr. art. 7, comma 5, lett. h).
46 È il caso di evidenziare che il comma 15-bis dell’art. 7 estende ai casi di impiego, in forma di lavoro subordinato, di soggetti beneficiari del Rdc, da parte di datori privati, senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto, la maggiorazione, nella misura del venti per cento, di alcune sanzioni amministrative pecuniarie, maggiorazione già prevista nell’ordinamento, per la medesima fattispecie di mancata comunicazione, con riferimento ad altre categorie di lavoratori (lavoratori stranieri e minori in età non lavorativa).
Sul punto, si richiama il contenuto della nota n. 7964 in data 11 settembre 2019 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro – Direzione centrale vigilanza, affari legali e contenzioso, concernente “art. 7, commi 1, 2 e 15 bis, D.L. n. 4/2019 – ulteriori indicazioni”, laddove vengono puntualizzate alcune direttive in ordine all’operatività della predetta aggravante sanzionatoria, prevista dall’art. 3, comma 3-quater, del D.L. n. 12/2002, come anzidetto estesa anche alle ipotesi di impiego di lavoratori beneficiari del Rdc. L’I.N.L. precisa, al riguardo, che tale maggiorazione trova applicazione anche nell’ipotesi in cui il lavoratore “in nero”, pur non essendo il diretto richiedente del reddito, appartenga comunque al nucleo familiare che, per definizione contenuta nell’art. 2, comma 1, del D.L. n. 4/2019, risulti destinatario del beneficio.
47 Cioè tali da influire sulla spettanza o sulla misura del beneficio.
48 Ivi comprese le comunicazioni integrative del modello di domanda di RdC che devono essere effettuate, con il Modello RdC-Com ridotto, per le attività lavorative già avviate al momento di presentazione della domanda, ma non rilevate nell’ISEE per l’intera annualità.
49 http://collaudo.download.terna.it/terna/0000/1004/84.PDF
50 https://canestrinilex.com/risorse/reddito-di-cittadinanza-ogni-falsita-e-reato-cass-528920/
52 Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione
53 Nota n. 3803 del 14/04/2020
54 Gli elementi di riscontro sono indicati all’interno della sezione Gepi sul sito del Reddito di cittadinanza nella parte riservata agli operatori. In tale sezione vengono riportati casi scuola che elencano elementi oggettivi di riscontro, quali, ad esempio, ricevute di canoni di locazione, ticket sanitari, visite mediche, multe ricevute, contratti di lavoro o progetti di tirocinio ed estratti conto bancari.
55 www.anteprima24.it/napoli/corte-conti-campania-furbetti-reddito-cittadinanza/
56 Sentenza n. 439/2020 della Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei conti per la Campania depositata il 2 ottobre 2020.
57 Sentenza n. 22513 delle SS.UU. della Corte di Cassazione del 20 ottobre 2006. Tale orientamento è stato confermato dalle SS. UU. della Suprema Corte con sentenza n. 21297 del 14 settembre 2017. La giurisdizione della Corte dei conti sussiste qualora il contributo pubblico “sia funzionale alla realizzazione di un progetto” sì che la concessione sia “strettamente legata all’effettività della relativa realizzazione, costituente la finalità di interesse pubblico giustificatrice dell’investimento di denaro pubblico”.
58 M. Prioschi, Sì all’Rdc con condanna, no con misura cautelare, il Sole24ore, venerdì 22 novembre 2019, Norme & Tributi, p. 32
60 M. Prioschi, Sì all’Rdc con condanna, no con misura cautelare, il Sole24ore, venerdì 22 novembre 2019, Norme & Tributi, p. 33
61 S. Corbetta, Ragionevole la sospensione del reddito di cittadinanza a chi è applicata una misura cautelare, Wolters Kluwer, venerdì 25 giugno 2021, il Quotidiano Giuridico.
62 Con nota n. 5975 del 09 giugno 2020.
63 Secondo il quale “interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato degli stipendi, delle pensioni ed degli assegni che siano a carico dello Stato o di altro ente pubblico”.
64 Stabilendo il periodo di non oltre dieci anni tra la condanna definitiva e la richiesta della misura di aiuto nonché prevedendo l’impossibilità di richiedere il beneficio nei dieci anni successivi alla condanna intervenuta durante il periodo di concessione della misura in argomento.
65 Tale presentazione ha prevalente natura non monetaria ma di soddisfazione di bisogni primari, “talché la dottrina l’ha” definita come ibrida, finalizzata al perseguimento di una pluralità di scopi, non solo di ordine assistenziale o contrasto alla povertà.