Il renzismo annienta le opposizioni

Il 2014 che si avvia alla conclusione lascia con l’amaro in bocca tutti gli italiani che con l’avvento del Governo Renzi – benedetto da Napolitano ma non dagli elettori – speravano in una azione politica maggiormente aggressiva nei confronti della crisi galoppante. Ma al tirar delle somme, oltre all’annuncio di varare una riforma al mese, che cosa resta di veramente concreto dell’operato dell’ex sindaco fiorentino?

Praticamente nulla o quasi. Tassazione – sia nazionale che locale – alle stelle, disoccupazione mai così alta dagli anni piombo, “jobs act” che di fatto riduce le tutele dei lavoratori, riforme istituzionali, fiscali ed economiche praticamente al palo, rispetto alla situazione dei Governi precedenti (Berlusconi, Monti, Letta), parametri macro economici ben lontani dalle quote “suggerite” dagli organismi internazionali e che di fatto potrebbero – a breve – mettere il Paese nella scomoda posizione di osservato speciale da parte di OCSE, Fondo Monetario e Banca Centrale Europea.

Gli unici risultati tangibili, e al momento duraturi, che l’esecutivo Renzi sembra abbia ottenuto è la distruzione delle opposizioni, interne ed esterne al PD, che di fatto consentono all’attuale Presidente del Consiglio di fare il bello e cattivo tempo sul palcoscenico politico italiano.

Il Partito Democratico è oramai completamente alla mercé dei voleri di Renzi e dei suoi uomini il quale con la vittoria alla corsa di Segretario del partito prima, e con l’investitura a Primo Ministro dopo, ha di fatto compiuto “tabula rasa” della vecchia nomenclatura post comunista legata ai vari D’Alema, Veltroni e Bersani. Di fatto Matteo il Magnifico azzittisce a colpi si twitter e voti di fiducia la minoranza interna- che sempre più spesso si riscopre “aventinista” – lasciando deserte le Camere e le aule delle Commissioni parlamentari, cedendo oltretutto le piazze ai manifestanti neo conservatori di una oramai arrugginita e vetusta CGIL.

Per quanto riguarda i rivali esterni al P.D, detto dei Cinque Stelle che a forza di rifiutare ogni trattativa politica “infettiva” con i rappresentanti degli altri partiti si stanno autodistruggendo e della Lega che grazie a Salvini si sono rifondati, mettendo in soffitta Bossi ed il suo cerchio magico, e sta cercando di rosicchiare consensi anche nelle Regioni del centro e del Sud, non rimane che parlare del grande scomparso della politica italiana: il centro destra.

Della coalizione – Casa delle Libertà, Polo, Popolo della Libertà, ecc. – che riempiva piazze e le urne di manifestanti e voti sotto la guida sagace e concreta di Berlusconi praticamente non ne è rimasto nulla o quasi. Infatti complice sia il periodo di appannamento della “verve” politica del Cavaliere e l’acuirsi delle sue disavventure giudiziarie, nell’ultimo anno abbiamo assistito a continue debacles elettorali – sia in salsa europea che regionale – che di fatto hanno messo politicamente all’angolo l’intero centro destra.

Diviso in più spezzoni più o meno grandi – Forza Italia, Nuovo Centrodestra e Fratelli d’Italia – quello che fu il Popolo delle Libertà non sembra avere una linea politica coerente da seguire che possa in breve tempo portarlo a conseguire una vittoria elettorale nei confronti del Partito Democratico renziano.

La pattuglia politica capeggiata da Alfano – che pretende di portare il vessillo del centrodestra nel Paese- sembra oramai essere solo una stampella per il Governo visto che senza troppi mugugni ha votato, e quindi approvato, le leggi “svuota carceri”, i provvedimenti che hanno depenalizzato il reato di immigrazione clandestina e di fatto hanno spalancato le porte del Paese ai clandestini di mezzo mondo oltre che le direttive economiche che hanno reso gli italiani ancora più poveri di quello che erano solo pochi mesi or sono.

La rinata Forza Italia invece pare ancora troppo ingessata dagli umori del Cavaliere e dei suoi stretti collaboratori di turno: la rimescolata alle carte potrebbe essere data dal raggiungimento di una certa supremazia interna al partito da parte della corrente legata all’ex Governatore pugliese Fitto, ma al momento la lotta per acquisire l’eredità politica del Cavaliere sembra lungi dall’essere conclusa e né del resto pare iniziata.

Berlusconi d’altro canto anche se tra qualche mese avrà finito di scontare la pena che lo relega ad un ruolo politicamente di secondo piano non sembra più avere quel passo tale da poter superare in velocità il suo giovane competitor Renzi. Del resto negli ultimi mesi il Cavaliere ha compiuto delle azioni che si sono rivelate dei veri e propri passi falsi nel rapporto diretto che aveva con i propri simpatizzanti ed elettori: prima non resistendo alla morsa di Napolitano e dei grandi dell’Unione Europea che lo volevano fuori anzitempo e costringendolo alle dimissioni forzate e al sostegno di Mario Monti, azioni queste, che non hanno avuto il merito di portare l’Italia fuori dalle secche ma semmai di relegarvela ancora di più. Poi – pecche in confronto minori in verità – quella di nominare il carneade Gori come coordinatore di Forza Italia a scherno di molti che avevano buttato l’anima nel partito negli anni passati e di stringere il patto del Nazareno con Renzi, di fatto appoggiando delle riforme istituzionali di facciata, che se andranno in porto serviranno solo a salvare il salvabile: la possibilità di Berlusconi di poter ancora fare il bello e cattivo tempo all’interno di un centrodestra ridotto ai minimi termini elettorali oramai succube del Renzismo imperante.

Ma a questo punto Berlusconi dovrebbe avere la lucidità di fare un ragionamento, per il bene suo e di tutto il centrodestra: a chi può giovare un Cavaliere “azzoppato” politicamente se non a Renzi che lo usa come spauracchio da sventolare all’uopo nei confronti di certa sinistra per coagulare intorno a se stesso i propri nemici interni e strapparne di conseguenza l’appoggio?

Ovviamente bisognerebbe agire di conseguenza,prima cercando attraverso il proprio carisma di rinserrare le fila delle truppe oramai disperse in troppi Partiti e nel contempo ristrutturando Forza Italia, a livello locale e nazionale – su basi nuove e condivise – non dimenticando però che prima che sulle persone, un movimento politico – o una coalizione di Partiti – si deve fondare imprescindibilmente sugli ideali condivisi e sui progetti concreti da raggiungere insieme: Presidenzialismo, fine del Bicameralismo perfetto, alleggerimento dell’architettura Istituzionale del Paese e del peso della burocrazia sui cittadini, difesa dell’identità nazionale e maggiore preminenza delle idee liberali rispetto a quelle socialiste come all’inizio dell’avventura berlusconiana del grande sogno italiano del ’94.