COMMENTO A SENTENZA CASS. PEN. SEZ. III n. 2245/2022
a cura di Giuseppe Camera
Con la recente sentenza, la Corte di Cassazione si è occupata del tema del rispetto del principio del ne bis in idem di matrice convenzionale (art. 4 prot. 7 CEDU), con riferimento al rapporto tra il reato di dichiarazione infedele e l’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 co. 2 e 5 co. 4 d.lgs. n. 471/97.
La vicenda trae scaturigine dalla instaurazione, in capo al medesimo soggetto, di due distinti ed autonomi procedimenti, amministrativo-tributario e penale, originati dal medesimo fatto: l’aver indicato, nella dichiarazione annuale Mod. Un. 2012, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, omettendo di dichiarare redditi derivanti da attività illecita (distrazione di somme in danno della società fallita).
Il procedimento amministrativo tributario traeva abbrivio a seguito dell’avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato la dichiarazione dei redditi del ricorrente; la legittimità dell’avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha applicato la sanzione (prevista dagli artt. 1, comma 2, e 5, comma 4, d.lgs. n. 471 del 1997) pari ad € 654.126,00, veniva confermata con sentenza irrevocabile, a seguito del giudizio di primo grado e di appello.
Sul “versante” (recte: binario) penale, il ricorrente veniva sottoposto a procedimento penale con decreto di citazione diretta a giudizio e condannato in primo grado alla pena (principale) di un anno e quattro mesi di reclusione, oltre pene accessorie, per il reato di cui all’art. 4. D.lgs n. 74 del 2000; la condanna veniva confermata in appello.
Avverso detta, ultima, Sentenza, veniva proposto ricorso per ottenerne la cassazione, affidandolo a 3 motivi; in particolare, con il secondo motivo il ricorrente deduceva violazione dell’art. 649 c.p.p. e del divieto di bis in idem come interpretato dalla Corte EDU e dalla CGUE.
Con precipuo riguardo al secondo motivo di gravame, il ricorrente deduceva, nello specifico:
- che nella pendenza del procedimento penale fosse intervenuta sentenza della CTR (irrevocabile);
- Che il procedimento penale e quello amministrativo/tributario originano dallo medesimo fatto storico;
- Che la Corte di appello avrebbe escluso la violazione del divieto di bis in idem con motivazione palesemente contraddittoria, in quanto, da un lato riconosceva (ai fini della salvaguardia del principio in esame) la necessità, per come statuito dalla Corte EDU, di una connessione sostanziale e temporale tra i due procedimenti (amministrativo e penale), dall’altro negava la “presenza” di tale connessione, senza “trarne le logiche conseguenze”;
- Che la Corte territoriale non avrebbe compiuto alcuna verifica sulla complessiva proporzionalità della sanzione in concreto inflitta;
La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando per un nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello competente e rigettando nel resto.
Gli Ermellini, nel giungere a tale decisione, ritenendo il ricorso fondato limitatamente al secondo motivo, affrontano, ancora una volta, ed in modo puntuale ed articolato, la vexata quaestio della definizione dell’ambito di applicabilità ed operatività del principio del ne bis in idem, così come “forgiato” dalla giurisprudenza della Corte EDU e della CGUE.
Invero, il Giudice di legittimità, ripercorrendo il fil rouge interpretativo delle Corti sovranazionali, ha avuto modo di ritenere che:
– “tra il reato di “dichiarazione infedele” di cui all’art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000, e gli illeciti amministrativi di cui agli artt. 1, co. 2, e 5, co. 4, d.lgs. n. 471/1997, non sussiste il rapporto di specialità“;
– “ai fini del divieto di ‘bis in idem’ di cui all’art. 4, § 1, prot. n. 7 alla CEDU, la natura (sostanzialmente) penale della sanzione qualificata come amministrativa dall’ordinamento interno deve essere valutata applicando i cd. “Engel criteria”. Segnatamente: il primo criterio è di tipo formale e fa riferimento alla (I) qualificazione giuridica che una sanzione riceve nell’ordinamento nazionale. Il secondo ed il terzo sono invece di matrice sostanziale: (II) la natura della violazione, determinata mediante lo scopo punitivo, deterrente e repressivo, e (III) il grado di severità della stessa, con particolare riguardo al massimo edittale;
– la sanzione prevista dagli artt. 1, co. 2, e 5, co. 4, del d.lgs. n. 471/1997, alla luce dei criteri Engel, ben può essere qualificata come “sostanzialmente penale”, in virtù della sanzione astrattamente minacciata e della sua componente dissuasiva. Tale natura va in ogni caso verificata tenendo conto della sanzione concretamente applicata (afflittività) e della assenza della finalità risarcitoria/indennitaria del danno cagionato dal contribuente;
– “non sussiste violazione del divieto di ‘bis in idem’ di cui all’art. 4, § 1, prot. n. 7 alla CEDU , nei casi di litispendenza, quando cioè una medesima persona sia perseguita o sottoposta contemporaneamente a più procedimenti per il medesimo fatto storico e per l’applicazione di sanzioni formalmente o sostanzialmente penali, oppure quando tra i procedimenti vi sia una stretta connessione sostanziale e procedurale“;
– nei casi summenzionati deve essere comunque garantito “un meccanismo di compensazione che consenta di tener conto, in sede di irrogazione della seconda sanzione, degli effetti della prima così da evitare che la sanzione complessivamente irrogata sia sproporzionata“;
– in caso di sanzione formalmente amministrativa – ma sostanzialmente penale alla luce dei criteri enucleati dalla Corte EDU – irrevocabilmente applicata all’imputato condannato successivamente in ambito penale per il medesimo fatto (considerato in chiave storico/naturalistica), sarà onere e compito del giudice penale, commisurare la pena tenendo conto di quella già irrogata in sede amministrativa, utilizzando, a tal fine, il criterio di ragguaglio previsto dall’art. 135 c.p (“che fornisce l’unità di misura della sanzione – sostanzialmente e formalmente – penale applicabile per il medesimo fatto storico”); ed applicando, se del caso, “le circostanze attenuanti generiche e valutando le condizioni economiche del reo“;
– tale “meccanismo di compensazione non si applica se la sanzione amministrativa è stata precedentemente pagata da persona diversa dal reo“.
Sicché, le conclusioni a cui è approdata la Corte si pongono in linea con quanto affermato in precedenza dal Giudice delle Leggi, utilizzando, quale parametro interpretativo, le statuizioni contenute nella pronuncia della Corte EDU A. e B. c. Norvegia, del 15 novembre 2016; su tutte, la elaborazione del criterio della sufficiently close connection in substance and time, vero e proprio baluardo, posto a presidio dei sistemi sanzionatori basati sul meccanismo del “doppio binario” (quale è certamente, in Italia ma non solo, quello tributario).
Tale meccanismo, “bersagliato” da pesanti dubbi di legittimità, a seguito della famosa pronuncia della Corte EDU nel caso Grande Stevens c. Italia del 2014, oggi si trova “ancorato” e salvaguardato dal ricorso al criterio della connessione temporale e sostanziale sufficientemente stretta tra procedimenti, che ricorre:
- quando le due sanzioni perseguono scopi diversi e complementari, connessi ad aspetti diversi della medesima condotta;
- quando la duplicazione dei procedimenti è prevedibile;
- quando esiste una coordinazione tra i due procedimenti, specie sul piano delle prove;
- quando il risultato delle sanzioni nel complesso (penale più amministrativo) non risulti eccessivamente afflittivo, in rapporto alla gravità dell’illecito.
La sentenza in commento, pertanto, si conforma al diritto sovranazionale, ragion per cui: “non sussiste la violazione del ne bis in idem nel caso dell’irrogazione definitiva di una sanzione formalmente amministrativa, della quale venga riconosciuta la natura sostanzialmente penale, per il medesimo fatto per il quale vi è stata condanna a sanzione penale, quando tra il procedimento amministrativo e quello penale sussista una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta, tanto che le due sanzioni siano parte di un unico sistema”.