di Edoardo Tedeschi1
In data 28 aprile 2021 la Consob e la Banca d’Italia, con un avviso congiunto, hanno richiamato ancora una volta l’attenzione della collettività, soprattutto dei piccoli risparmiatori, in merito ai rischi connessi all’operatività in cripto-attività, tali da poter compromettere in misura sensibile o addirittura totalitaria i risparmi di denaro utilizzati.
Il “richiamo”, rappresentano le citate Autorità, si è ritenuto necessario in attesa della definizione, a livello unionale, di un quadro regolamentare di riferimento unitario, nella considerazione della notevole crescita dei crypto-asset, come ad esempio il Bitcoin, a livello unionale e internazionale.
Questo comunicato, invero, non costituisce una novità, in quanto segue ulteriori moniti lanciati dalle Autorità italiane di settore nel corso del tempo, anche in conformità ad analoghi avvertimenti emanati delle Autorità europee di vigilanza. Già nel 2015 la Banca d’Italia, infatti, ha emanato un documento con il quale venivano rimarcate le avvertenze sull’utilizzo delle “monete virtuali”2, quali rappresentazioni digitali di valore che, oltre a non essere emesse da alcuna banca centrale o Autorità pubblica, non sono collegate a una valuta tradizionale avente corso legale, purtuttavia vengono utilizzate da persone fisiche o giuridiche quale mezzo di scambio e possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente. Nella citata nota del 30 gennaio 20153,
la Banca d’Italia, nel segnalare l’assenza di dati affidabili sulle valute virtuali, rappresenta come l’operatività in questo settore possa “comportare rischi significativi, soprattutto per coloro che ne fanno uso senza disporre di un’adeguata conoscenza del fenomeno e consapevolezza dei rischi connessi”. In tal senso anche la Financial Action Task Force (FATF) ha definito le valute virtuali come veicolo di fenomeni patologici quali riciclaggio di capitali di provenienza illecita e finanziamento del terrorismo.
Nella nota del gennaio 2015, la Banca d’Italia già enucleava in maniera precisa quali fossero i possibili rischi connessi all’operatività nelle valute virtuali, da sintetizzarsi in:
- carenza di informazioni: in mancanza di obblighi informativi può risultare difficile reperire indicazioni, comprendere il funzionamento, i costi e i rischi delle valute virtuali;
- assenza di tutele legali e contrattuali: l’operatività non è assistita da tutele legali e/o contrattuali e, pertanto, le operazioni sono irreversibili e possono portare a ingenti perdite;
- mancanza di forme di controllo e di vigilanza: le valute virtuali non sono soggette alla vigilanza della Banca d’Italia o di altra Autorità di settore;
- elevata volatilità del valore: il valore delle valute virtuali è connotato da una accentuata volatilità tale da poter comportare perdite di rilevante entità;
- perdite dovute ad attacchi cyber: la moneta virtuale contenuta nel “portafoglio elettronico” potrebbe essere persa in ragione di malfunzionamenti e, nelle ipotesi patologiche, sottratta per mezzo di attacchi cibernetici;
- possibili finalità criminali: le operazioni con monete virtuali, consentendo la circostanza dell’anonimato, possono essere utilizzate in atti criminali quali il riciclaggio di proventi illeciti ed il finanziamento al terrorismo.
La Banca d’Italia conclude il documento precisando che i rischi indicati sono “quelli più comunemente noti o conosciuti; ciò non toglie che l’uso di valute virtuali possa esporre l’utilizzatore a rischi ulteriori, derivanti dalle caratteristiche della specifica valuta virtuale utilizzata. Inoltre, il fenomeno è soggetto a rapida evoluzione ed è possibile che valute virtuali di ultima generazione presentino rischi ulteriori rispetto a quelli illustrati”. Sempre la Banca d’Italia, nell’ulteriore nota del 19 marzo 20184,
sulla base di taluni attacchi informatici nei confronti delle piattaforme di scambio delle criptovalute avvenuti negli anni, ha rimarcato la pericolosità delle operazioni in cripto-asset anche in considerazione della estrema volatilità dei prezzi. Peraltro, anche le tre Autorità Europee di Vigilanza, ovvero l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), l’Autorità bancaria europea (ABE) e l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA), nel febbraio 20185 avvertivano i consumatori sui rischi delle valute virtuali6,
i cui contenuti sono stati condivisi dalla Banca d’Italia e pubblicati sul proprio sito internet.
Sulla stessa linea, nel tempo tracciata e vagliata dalle Autorità, si pongono le considerazioni dell’ultimo avviso diramato congiuntamente dalla Consob e dalla Banca d’Italia il 28 aprile u.s., ove viene ancora una volta ribadita la circostanza dell’assenza di un quadro regolamentare di riferimento valevole a livello unionale o internazionale, che genera una serie di rischi, maggiormente amplificati anche a causa di malfunzionamenti, attacchi informatici o smarrimento delle credenziali di accesso ai portafogli elettronici.
Vieppiù, la rilevanza assume una maggiore connotazione in relazione al diffondersi di forme di offerta attraverso il canale digitale che facilitano l’acquisto di cripto-attività da parte di una platea molto ampia di soggetti. Peraltro, il documento cita anche la proposta avanzata dalla Commissione europea in merito alla regolamentazione per disciplinare l’emissione, l’offerta al pubblico, la prestazione dei servizi e il contrasto agli abusi di mercato in relazione alle diverse tipologie di cripto-attività7.
L’iter di approvazione della proposta di regolamentazione, avanzata in data 24 settembre 2020, è tuttora in corso presso le istituzioni europee.
Concludono la Consob e la Banca d’Italia ribadendo che, al momento, l’acquisto di “cripto-attività non è soggetto alle norme in materia di trasparenza dei prodotti bancari e dei servizi di investimento e continua a essere sprovvisto di specifiche forme di tutela”.
In considerazione di ciò, attesa anche la mancanza di supervisione e controllo delle Autorità preposte, viene ancora richiamata l’attenzione sulla rischiosità dell’adesione a offerte di prodotti finanziari legate a cripto-attività, “tanto più qualora, come spesso riscontrato, le offerte siano effettuate da operatori abusivi, non autorizzati, non regolati e non vigilati da alcuna Autorità”.
1 Dottorando di ricerca in Diritto e Impresa (XXXVI ciclo), presso la LUISS Guido Carli. Specializzato in Diritto d’impresa, Diritto bancario e Scienze economiche e bancarie europee.
2 La Banca d’Italia le indentifica in “rappresentazioni digitali di valore, utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente. Alcuni esempi sono Bitcoin, LiteCoin, Ripple”.
4 https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/avvertenza-valute-virtuali-2018/index.html
6 Per le tre AEV, le valute virtuali “attualmente disponibili sono una rappresentazione digitale di valore, non sono emesse né garantite da una banca centrale o da un’autorità pubblica e non godono dello status giuridico di valuta o di moneta. Si tratta di strumenti ad alto rischio, generalmente non garantiti da immobilizzazioni materiali; inoltre, non sono regolamentati ai sensi del diritto dell’Unione e, pertanto, non offrono alcuna tutela giuridica ai consumatori”. Le tre AEV hanno altresì manifestato crescente preoccupazione sulla circostanza che “un numero crescente di consumatori acquisti valute virtuali nella speranza di una continua crescita del loro valore, ma senza alcuna consapevolezza del rischio significativo di perdere il denaro investito”.
7 La proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 fa parte del pacchetto sulla finanza digitale, volte a consentire e sostenere l’ulteriore sfruttamento del potenziale della finanza digitale in termini di innovazione e concorrenza, attenuando nel contempo i rischi. Oltre alla citata proposta, il pacchetto sulla finanza digitale comprende anche una proposta relativa a un regime pilota sulle infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (DLT), una proposta per la resilienza operativa digitale e una proposta volta a chiarire o modificare determinate norme dell’UE in materia di servizi finanziari.