di Giuseppe Laganà1

L’art. 333, secondo comma, c.p.p. stabilisce – in termini puntuali – che la presentazione di notizie di reato da parte di privati debba avvenire “personalmente o a mezzo di procuratore speciale” a persona qualificata (il pubblico ministero o l’ufficiale di polizia giudiziaria).

La ratio della norma è da individuarsi essenzialmente nella necessità di identificare in modo compiuto il denunciante in quanto l’atto presentato impegna colui che lo sottoscrive anche per le conseguenze penali che ne possono derivare (art. 367 e 368 c.p.).

Ne consegue che, allo stato della menzionata formulazione testuale della norma, la trasmissione di denunce di reato da indirizzi di posta elettronica, anche certificati di privati, non possa essere equiparata ad una presentazione personale dell’atto, appunto perché non consente un’esaustiva, contestuale verifica dell’identità del denunciante. A conforto di una siffatta valutazione interpretativa va ricordato che né il codice di procedura penale né le disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale, di cui al D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (che avrebbero potuto – come già avviene per altri atti – equiparare detta forma di trasmissione a quella prescritta dalle norme del codice) prevedono norme espressamente derogatorie.

Il che, per l’appunto, sembra escludere dal novero delle denunce, ex. art. 333 c.p.p., gli atti che non siano stati depositati con le formalità previste dal capoverso della norma evocata.

In coerenza ad una siffatta importazione, il paragrafo 3 della circolare n. 3283 del 11 novembre 2016 del Ministero della Giustizia esclude la configurabilità, a fronte di denunce inviate a mezzo posta elettronica, anche certificata, di un obbligo di valutazione ai fini dell’iscrizione di notizie di reato a carico dell’Ufficio di Procura ricevente”.

Al riguardo, un indiretto riferimento sembra potersi intravedere nel disposto di cui al terzo comma dell’articolo 333 che, trattando delle denunce anonime, pare faccia rientrare in tale topos tutte quelle non ritualmente sottoscritte.

Tale enunciato è supportato, altresì, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali, con la sentenza n. 25932 del 29 maggio 2008, hanno, tra l’altro, statuito quanto segue: “Una denuncia irrituale, che si debba perciò considerare alla stregua di una denuncia anonima, pur essendo uno scritto di per sé inutilizzabile, è tuttavia idonea a stimolare l’attività del P.M. o della polizia giudiziaria al fine dell’assunzione di dati conoscitivi atti a verificare se da essa possano ricavarsi indicazioni utili per l’enucleazione di una “notizia criminis” suscettibile di essere approfondita con gli strumenti legali”.


1 Cultore della materia nel Corso di laurea/laurea magistrale in Giurisprudenza dell’Università degli Studi “Link Campus University” – Scuola di Ateneo per le attività Undergraduate e Graduate in Diritto Tributario.